So di essere singolare nelle mie opinioni su questa dolce porzione, che sta tra ciò che è stato prima e ciò che segue dopo questi versi: almeno non ho mai visto gli scritti di nessun Commentatore, che non applichi questi versi, come il il primo, al tema della distruzione di Babilonia; come se dalla grandezza del massacro che sarebbe avvenuto nella caduta di Babilonia, gli uomini sarebbero diventati così scarsi, come quello solo sarebbe più prezioso dell'oro.

Ma, con tutta umile sottomissione, direi, che non posso fare a meno di leggere questi due versetti come tra parentesi; come in mezzo al giudizio, il Signore si è ricordato della misericordia; e mentre parlava del tremendo castigo che doveva avvenire per il peccato, il Signore additava il suo diletto Figlio, come l'unica fonte da cui un intero mondo di malvagità avrebbe dovuto trovare misericordia. Sicuramente, è solo da Gesù, e per la sua graziosa interposizione, che la terra sta in piedi.

E quindi, perché non si può supporre che il Signore dica con questi versetti; quando ho punito, e castigo il mondo, per la loro malvagità, e gli empi per la loro iniquità, e ho fatto cessare l'arroganza dei superbi; allora il mio popolo guarderà a Colui che ha trafitto e farà cordoglio; e allora l'Uomo, Cristo, mio ​​compagno, sarà più prezioso dell'oro fino: anche questo identico Uomo, il Signore nostra giustizia, del cuneo d'oro di Ofir.

Lettore, ricorda, non ho la presunzione di dire che tale è l'interpretazione del brano: ma se sbaglio, il Signore perdoni il mio errore: confesso che il solo pensiero mi ristora l'anima. E il passaggio, visto da questo punto di vista, in mezzo al fardello di Babilonia, non è dissimile da qualche dolce erba, o da qualche ruscello rinfrescante, che si trova in mezzo al deserto, dove tutt'intorno c'è una brughiera, o un tetro panorama.

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