il peccato amaro del vagare da Dio

Osea 2:1-13

Osea è raffigurato mentre ha esaurito le sue denunce sulla moglie infedele. Ha provato ogni freccia nella faretra dell'amore, ma invano; così ora manda i suoi figli, peggio che orfani, a supplicare la madre, prima che essa porti su di loro ogni punizione irrecuperabile.

Quasi insensibilmente la nostra mente passa dalle suppliche dell'amore umano allo Sposo divino. Spesso deve erigere attorno a noi siepi di spine, non perché si compiace di ostacolarci, ma perché possiamo essere distolti dalla rovina. Non c'era metodo migliore per allontanare Israele dai suoi idoli che negare quella prosperità materiale che pensava le dessero. Non è stata anche questa la nostra esperienza? La nostra allegria è cessata e la nostra prosperità è svanita.

Ci siamo seduti tra i relitti di un passato felice. Non è che Dio abbia smesso di prendersi cura di noi, ma desidera svezzarci di nuovo a Sé. Siamo arrivati ​​al punto di dire: "Era meglio con me allora che adesso?" Allora siamo di buon umore! L'alba è già sui monti, e la venuta di Dio a noi, nel restituire la grazia, è come la gloria del mattino!

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