In questo capitolo ci sono due lezioni di valore supremo; in primo luogo, la paziente grazia di Dio e, in secondo luogo, la solenne responsabilità di coloro che portano il suo messaggio.

Il primo di questi è messo in evidenza nella storia di Geroboamo. Mentre stava presso l'altare che il suo peccato aveva eretto, fu rimproverato e percosso. Questa era davvero la sua occasione di pentimento. Il suo cuore, tuttavia, era rivolto al peccato, e quindi non manifestò alcun genuino pentimento, ma solo un desiderio egoistico di guarigione. Così l'occasione per il pentimento divenne l'occasione del compimento della propria determinazione malvagia.

Nei suoi rapporti con gli uomini, Dio li conduce sempre a circostanze attraverso le quali possono tornare a Lui o, mediante la loro continuazione nel peccato, rendere più certa la loro stessa fine ultima. La seconda lezione è l'inganno e la morte del profeta che era stato inviato per consegnare il messaggio del Signore. Mentre non ci possono essere scuse per l'uomo che gli ha mentito per metterlo da parte, questo fatto non cambia nemmeno per un momento la sua responsabilità.

Nessun comando diretto di Dio deve essere disatteso dai Suoi messaggeri, anche se sono io che un angelo suggerisce il cambio di metodo. Un proposito divino comunicato direttamente non deve mai essere messo da parte da una supposta intermediazione di alcun genere.

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