Secondo la predizione di Giuseppe nell'interpretare i sogni del Faraone, venne la carestia; ma per l'abilità esecutiva di Giuseppe l'Egitto ricevette grano sufficiente non solo per i propri bisogni, ma pari al bisogno degli altri popoli.

Alla fine si vedono i fratelli di Giuseppe realizzare il suo sogno di tanto tempo fa e inchinarsi alla sua presenza. La sua conversazione con loro è rivelatrice. Interrogati su se stessi, hanno risposto: "Noi... siamo dodici fratelli... e uno no". Questi uomini erano evidentemente consapevoli della loro colpa. Sembrerebbe che il ricordo del torto fatto al loro fratello tanto tempo fa li avesse perseguitati nel corso degli anni, ricorrendo con nuova forza in quest'ora di pericolo.

Sebbene la loro azione fosse assolutamente malvagia, tuttavia si riferivano al loro "fratello". Sebbene non avessero coscienza che il governatore egiziano fosse loro fratello, il ricordo del peccato di tanto tempo fa è sorto quando si sono trovati in pericolo.

Quando tornarono da lui senza Simeone e gli comunicarono la richiesta del governatore che Beniamino fosse condotto da lui, il lamento di Giacobbe fu pieno di tristezza. Il vecchio disse: "Tutte queste cose sono contro di me". Non era il linguaggio della fede, eppure sicuramente nessuno di noi può criticarlo, perché la prospettiva era abbastanza oscura. Se fosse stato un uomo di fede meno sottile, forse avrebbe potuto dire: "Tutte le cose lavorano insieme per Buono."

Sebbene non fosse in grado di dirlo, resta il fatto che le cose che sembravano essere contro di lui stavano davvero lavorando insieme per restituirgli il figlio perduto da tempo e portare a compimento quegli scopi gentili per i quali lui e suo padre si battevano. Mentre studiamo la storia, possiamo sicuramente imparare la lezione che non è mai saggio misurare i fatti di un'ora in base ai limiti della nostra visione.

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