Qui abbiamo il triste e terribile resoconto della ricaduta e della caduta finale di Sansone. È andato a Gaza. È facile immaginare quanto ci debba essere stato a Gaza che avrebbe dovuto fare appello a chi agisce per il compimento dello scopo divino. C'erano idolatrie e cose malvagie contro le quali avrebbe dovuto scagliarsi con forza. Ma non lo fece. Era ancora influenzato dalla forza della sua natura animale, e la tragica frase è scritta: "...

Sansone andò a Gaza e vi vide una prostituta".

Nel mezzo del suo peccato, i suoi nemici tentarono di imprigionarlo. Fece irruzione strappando le porte della città e portandole in cima a un monte adiacente. Anche allora, però, non imparò la lezione e lo vediamo nelle fatiche di Dalila. Alla fine ella trionfò, e l'uomo che da tempo aveva cessato di essere in ogni senso profondo un nazireo fu finalmente privato anche dei simboli esteriori del suo voto.

Non c'è forse niente nelle sacre scritture insieme pateticamente tragico della visione di Sansone con gli occhi spenti, che macina nella prigione dei Filistei. È un'immagine e una parabola che non hanno bisogno dell'imposizione dell'esposizione per renderla potente.

Alla fine, dal profondo della sua degradazione, gridò a Dio, e nella sua morte diede il colpo più pesante al popolo dalla cui oppressione avrebbe dovuto liberare il suo popolo.

A questo punto finisce la storia di questo Libro. È ripreso nel primo libro di Samuele. I restanti Capitoli s del Libro e del Libro di Rut hanno il loro posto cronologico nel periodo già censito.

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