Parti, Medi, Elamiti e abitanti della Mesopotamia, della Giudea, della Cappadocia, del Ponto e dell'Asia,

Parti... In questo e nei due versi seguenti abbiamo probabilmente il riempimento dello storico della questione della moltitudine stupita. Poiché si osserverà che le diverse nazionalità, le cui lingue furono parlate da quei rozzi Galilei, sono enumerate in un certo ordine geografico tortuoso. A cominciare dai Parti, i più a nord-est, un tempo la nazione più potente d'Oriente, l'elenco passa al

Medi - a ovest di loro; da loro va al

Elamiti - qui significa persiani; dopo di loro abbiamo il

Abitanti in Mesopotamia - che giace (come importa il nome) tra il Tigri e l'Eufrate. La classe successiva ha causato qualche difficoltà: e in Giudea. Poiché nessuno potrebbe essere "stupito" dal fatto che la lingua della Giudea sia parlata nella stessa Giudea, e la connessione geografica tra la Giudea e i paesi menzionati immediatamente prima e dopo non è molto stretta, alcuni leggerebbero "in Idumea, o "Lidia", o 'India.

Ma poiché "Giudea" è la lettura di tutti i manoscritti e le versioni, non si deve permettere che le congetture la disturbino. L'idea di Bengel e Meyer, che qui ci si riferisca al dialetto ebraico come a qualcosa di estraneo a questi galilei, è evidentemente una spiegazione scadente. Quello di Olshausen è almeno migliore - che lo storico che scrive da Roma, avesse in vista la posizione dei suoi lettori romani, ai quali l'omissione della stessa lingua della Giudea sarebbe stata inspiegabile, poiché era suo scopo mostrare quante lingue diverse fossero parlato da questi galilei ignoranti.

E Cappadocia, nel Ponto. Dopo essere giunto a sud in Giudea, lo storico nella sua lista ora sale in "Cappadocia", in Asia Minore, e più a nord fino a "Pontus", sebbene a sud-est del Mar Nero.

E l'Asia - cioè l' Asia proconsolare o romana, quel piccolo lembo dell'Asia Minore la cui sponda occidentale è bagnata dal Mar Egeo, e quasi corrispondente alla Ionia, la cui capitale era Efeso.

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