Salmi 19:11

Dice san Paolo: «Se solo in questa vita abbiamo speranza in Cristo, siamo tra tutti gli uomini i più miseri». Dov'è allora la ricompensa, la grande ricompensa presente, nell'obbedire ai comandamenti di Dio? Se uno scrittore privo di ispirazione avesse affermato che l'essere più miserabile della creazione sarebbe un cristiano che lo suppone senza speranze per l'avvenire, si sarebbe pronunciata da tutte le parti una veemente contraddizione; i discepoli di Cristo si sarebbero spinti avanti ansiosamente, attestando il possesso di una tale misura di letizia e di pace che, se ingannati per l'aldilà, il vantaggio era dalla parte dell'inganno.

I. Non era nulla per dimostrare al tiepido professore che non ci doveva essere risurrezione; non ha mai conosciuto le estasi della pietà, e quindi non sente la terribile dichiarazione. Ma è diverso per un uomo la cui anima è tutta nella sua religione, che si sostiene in ogni prova con la consolazione che trae dal futuro, e che trova rifugio da ogni dolore e una fonte profonda da purificare nella convinzione che Cristo ha abolito la morte e ha aperto un regno eterno ai suoi seguaci.

Deve essere il punto estremo della miseria in cui si troverebbe un uomo giusto che, avendo assunto il cristianesimo come carta del futuro, lo trovasse del tutto limitato al presente, e possiamo quindi contenderlo come una verità letterale che portando a casa del vero cristiano una prova che non c'è risurrezione, lo renderesti immediatamente "di tutti gli uomini il più miserabile". Ma poiché non puoi trovare una tale prova, non c'è nulla nel detto di S.

Paolo per invalidare questo detto del Salmista nel nostro testo. U. Mentre sosteniamo che vi sono presenti godimenti nella religione che molto più che controbilanciare l'inquietudine che può causare, siamo certi che se la speranza cristiana fosse improvvisamente delimitata dall'orizzonte del tempo, allora tutto questo presente godimento sarebbe virtualmente distrutto. Ogni godimento presente nella religione anticipa il futuro. Che cosa lasceresti al credente se intercettassi quei bagliori dal lontano paese che lottano attraverso la nebbia e le nubi di questa regione di eclissi, e spargessero lustro lungo il sentiero per il quale si affatica verso la gloria? Chi dunque rivaleggia nella miseria con il cristiano se, dopo essere partito nell'attesa di una beata immortalità, scopre che solo in questa vita c'è speranza in Cristo? Perde i piaceri della religione,

Non è nulla contro la verità del nostro testo che san Paolo applichi l'epiteto di "miserissimi" ai cristiani se Cristo non avesse aperto loro l'eternità. Cristo ha aperto loro l'eternità; e perciò possiamo dire con sicurezza, con il Salmista, dei comandamenti di Dio: «Inoltre da essi è ammonito il tuo servo, e nell'osservanza di essi c'è grande ricompensa».

H. Melvill, Pulpito di Penny, n. 2625.

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