Infatti, sebbene io desideri la gloria, considero questa una dichiarazione solenne e seria dell'ironia che precede; e che Paolo intende dire seriamente, che se avesse il desiderio di vantarsi come si vantavano gli altri, se avesse scelto di fare molto dei suoi successi e privilegi, avrebbe avuto abbastanza di cui fare menzione. Non sarebbe solo vanto vanto senza alcun fondamento o giusta causa, poiché aveva tanto di cui parlare con sicurezza riguardo alle sue fatiche di apostolo e alla sua prova del favore divino, quanto potrebbe essere sollecitato da qualsiasi uno. "Potrei continuare a parlare molto più di quanto ho fatto e a sollecitare affermazioni che tutti ammetterebbero essere fondate".

Non sarò uno sciocco - “Non sarebbe sciocco vantarsi; perché sarebbe secondo verità. Potrei sollecitare molto più di quanto ho fatto; Potrei parlare di cose che nessuno sarebbe disposto a mettere in discussione come fondamenta di giuste pretese al mio essere considerato eminentemente favorito da Dio; Potrei seriamente affermare ciò che tutti ammetterebbero di essere tale”.

Perché dirò la verità - Cioè, “Qualunque cosa dovrei dire su questo argomento sarebbe la semplice verità. Non dovrei menzionare nulla che non sia realmente accaduto. Ma mi astengo, per timore che qualcuno si formi una stima impropria di me”. L'apostolo sembra aver voluto aggiungere qualcosa di più, ma è stato frenato dall'apprensione a cui qui si riferisce. O forse intende dire che se si fosse vantato della visione a cui si era appena riferito; se continuasse a dire quanto ne fosse stato onorato ed esaltato, non vi sarebbe alcuna scorrettezza.

Era così straordinario che se si fosse limitato rigorosamente alla verità, come avrebbe fatto, sarebbe stato comunque considerato da tutti come un onore davvero straordinario, e uno a cui nessuno dei falsi insegnanti potrebbe riferirsi come una fondazione per la loro vantarsi.

Perché nessun uomo dovrebbe pensare a me... - L'idea in questa parte del verso credo sia questa. “Desidero e mi aspetto di essere stimato dalla mia vita pubblica. Mi aspetto di essere giudicato dagli uomini dalle mie azioni, da ciò che vedono in me e dalla mia reputazione generale rispetto a ciò che ho fatto nello stabilire la religione cristiana. Sono disposto che il mio carattere e la mia reputazione, che la stima in cui sarò tenuto dall'umanità, si basino su questo.

Non desidero che il mio carattere in mezzo alla gente sia determinato dai miei sentimenti segreti; o da qualsiasi comunicazione straordinaria segreta dal cielo che io possa avere, e che non può essere soggetta all'osservazione dei miei simili. Sono disposto ad essere stimato dalla mia vita pubblica; e per quanto tali straordinarie manifestazioni possano essere preziose per me come individuo; o per quanto mi possano confortare, non voglio fondare la mia reputazione pubblica.

Mi aspetto di resistere ed essere stimato dalle mie azioni pubbliche; da ciò che tutte le persone vedono e sentono di me; e non vorrei che si formassero anche un'opinione favorevole di me al di là di questo.” Questo è il linguaggio nobile di un uomo che era disposto a godere della reputazione a cui la sua vita pubblica gli dava diritto. Voleva avere le basi della sua reputazione in modo tale che tutte le persone potessero vederla ed esaminarla. A differenza degli entusiasti e dei fanatici, non si appellava a impulsi segreti; non poggiava le sue pretese di fiducia pubblica su nessuna comunicazione speciale dal cielo; ma voleva essere stimato dalle sue azioni pubbliche.

E l'importante verità insegnata è che per quanto la comunione che possiamo avere con Dio; comunque tanto conforto e sostegno nella preghiera e nei nostri momenti preferiti di comunione con Dio; o per quanto possiamo immaginare in questo modo di essere i favoriti del cielo; e per quanto ciò possa sostenerci nella prova: tuttavia questo non dovrebbe essere fatto come fondamento per rivendicare le opinioni favorevoli dei nostri simili.

Dal nostro carattere pubblico; dalle nostre ben note azioni; dalle nostre vite viste dalla gente, dovremmo desiderare di essere stimati, e dovremmo essere soddisfatti di una tale misura di stima pubblica a cui il nostro comportamento ci darà ragionevolmente diritto. Raramente, forse, dovremmo fare riferimento ai nostri momenti di comunione segreta, felice e privilegiata con Dio. Paolo mantenne sotto questo aspetto, segrete per quattordici anni, le sue più elevate gioie: quale esempio per coloro che incessantemente esaltano la loro esperienza cristiana all'estero, e si vantano di ciò di cui hanno goduto! Non dovremmo mai riferirci a tali momenti come fondamento per la stima in cui il nostro carattere sarà tenuto dai nostri simili.

Non dovremmo mai fare di questo il fondamento di una rivendicazione della fiducia del pubblico in noi. Per tutte queste affermazioni; per tutta la stima in cui saremo tenuti dalle persone, dovremmo essere disposti a essere provati dalle nostre vite. Paolo non farebbe nemmeno una visione del paradiso; nemmeno il privilegio di aver contemplato le glorie del mondo superiore, sebbene un favore non conferito a nessun altro uomo vivente, un motivo della stima in cui dovrebbe essere tenuto il suo carattere! Quale esempio per coloro che desiderano essere stimati da rapimenti segreti e da comunicazioni speciali alle loro anime dal cielo! No.

Siamo disposti ad essere stimati dalle persone per ciò che vedono in noi; godere di una tale reputazione a cui la nostra condotta ci darà ragionevolmente diritto. Che la nostra comunione con Dio rallegri i nostri cuori; ma non obiettiamo questo alle persone come una pretesa per uno standard elevato nella loro stima.

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