Di tale mi glorierò. — C'è, se si capisce bene, una tristezza quasi squisita nella distinzione così tracciata dall'Apostolo tra il vecchio sé di quattordici anni fa, con questa abbondanza di rivelazioni, e il nuovo sé del presente, più debole e più triste del vecchio, consumato dalle preoccupazioni e dai dolori, dalla frenesia quotidiana della vita e dalle sue ansie sempre crescenti. Poi vide con visione aperta; ora cammina per fede e non per ciò che si vede.

Riesce a malapena a riconoscere la propria identità, e può parlare dell'uomo che aveva allora questa capacità di visione beatifica come se fosse un altro, quasi come se fosse morto e scomparso. Il “ non sum qualis eram” della decadenza e dell'età presenta molteplici varietà di forme, il soldato che ricorda l'agitazione e l'impeto della battaglia, il poeta che scopre che la visione e la “facoltà divina” non sono più affidate alla sua custodia, l'eloquente oratore che aveva «esercitato a suo piacimento una feroce democrazia», lamentandosi della parola lenta e della lingua balbettante; ma questo ha una tristezza tutta sua. La fede, la speranza, l'amore, la pace, la giustizia sono ancora lì, ma è passata una gloria dalla terra, e la gioia di quel rapimento estatico risiede nel remoto passato, per non tornare mai più sulla terra.

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