Le porte dei fiumi. — Questo versetto è di grande importanza. Il racconto di Ctesia, conservato da Diodoro Siculo, ci dice che per oltre due anni l'immenso spessore delle mura di Ninive sconcertò l'abilità ingegneristica degli assedianti; ma che “nel terzo anno avvenne che a causa di una continua scarica di grandi tempeste, essendo gonfio l'Eufrate ( sic ), inondarono una parte della città e abbatterono le mura per l'estensione di venti stadi.

Il re vide in questo l'adempimento di un oracolo, che aveva dichiarato che la città sarebbe caduta quando "il fiume fosse diventato nemico della città". Deciso a non cadere nelle mani dei suoi nemici, si rinchiuse con tutti i suoi tesori nella cittadella reale, che poi diede alle fiamme. Riteniamo che questo resoconto, sebbene impreciso nei dettagli, possa essere considerato basato su un substrato di fatto storico.

Tanto gigantesche erano le fortificazioni di Ninive, che di quelle ad est, dove la città era più esposta agli attacchi, scrive il signor Layard: “I resti ancora esistenti... confermano quasi le affermazioni di Diodoro Siculo che le mura erano cento piedi di altezza, e che tre carri potessero guidarli affiancati” ( Ninive e Babilonia, p. 660). Contro bastioni come questi la testudo più elaborata dei tempi antichi potrebbe benissimo essere stata relativamente impotente.

D'altra parte, la forza di un fiume in piena si è spesso rivelata improvvisamente fatale per la più robusta muratura moderna. Sarebbe particolarmente distruttivo dove, come nel caso di Ninive, i muri inondati erano di mattoni essiccati al sole o "clay-bat". Così il destino della città potrebbe essere stato precipitato secondo la concisa previsione di questo versetto. Le "porte dei fiumi" ( vale a dire, le dighe che recintavano il Khausser, che attraversava Ninive, e il Tigri, che si trovava al di fuori di essa) sono forzate dall'aumento dei torrenti, ed ecco, il destino della città è segnato! i bastioni contro i quali l'ariete avrebbe potuto esercitare invano sono indeboliti fin dalle fondamenta; le mura del palazzo sono minate e letteralmente "dissolte"; l'assediante si affretta ad avvalersi del disastro, e (nella sola parola diNahum 2:7 ) è-deciso.

Non è necessario identificare il “palazzo” che così soccombe. Né è un'obiezione ragionevole che i palazzi di Khorsabad e Kouyunjik, che si trovano vicino al Khausser, portino i segni del fuoco, non dell'acqua. Se Nahum deve avere in mente qualche palazzo particolare, si può giustamente sostenere che l'acqua non è un'agenzia così dimostrativa quanto l'elemento gemello; e che nulla avrebbe nascosto così efficacemente il danno fatto dall'inondazione come le successive conflagrazioni effettuate dall'assediante vittorioso.

Il verbo nâmôg, “dissolto”, prendiamo così nel suo significato letterale di dissoluzione di una sostanza solida per azione dell'acqua; non come il dottor Pusey, in senso figurato, della “dissoluzione dell'impero stesso.

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