LE PROMESSE E LE MINACCE DELL'ALLEANZA

Levitico 26:1

UNO si sarebbe aspettato che questo capitolo sarebbe stato l'ultimo nel libro del Levitico, poiché costituisce un adattamento naturale e appropriato all'intera legge come finora registrata. Ma qualunque sia stata la ragione della sua attuale forma letteraria, resta il fatto che mentre questo capitolo è, in forma esteriore, la conclusione della legge levitica, un altro capitolo lo segue come un'appendice.

Il capitolo 26 si apre con queste parole ( Levitico 26:1 ): "Non vi farete idoli, non vi ergerete né statua né stele, né porrete nel vostro paese pietre scolpite per inchinarvi giù fino ad esso: poiché io sono il Signore tuo Dio. Osserverai i miei sabati e riverirai il mio santuario: io sono il Signore».

Questi versi, così come stanno nelle versioni inglesi come prefazione a questo capitolo, a prima vista sembrano solo lontanamente collegati a ciò che segue; e il parafrasto caldeo e altri li hanno quindi aggiunti al capitolo precedente. Ma con questo hanno un legame ancora meno evidente. Il pensiero del curatore di questa parte del canone, tuttavia, sembra essere stato che i tre comandamenti qui ripetuti potessero essere considerati come un compendio riassunto, nei suoi principi fondamentali, di tutta la legge, delle promesse e delle minacce annesse. a cui segue immediatamente. E quanto più pensiamo a questi comandamenti ea ciò che implicano, tanto più evidente apparirà l'idoneità della loro scelta da tutta la legge a introdurre questo capitolo.

I comandi che qui si ripetono sono tre: cioè,

(1) un divieto dettagliato dell'idolatria nelle forme allora prevalenti;

(2) un'ingiunzione a osservare i sabati di Dio; e

(3) riverire il Suo santuario.

Poiché le varie forme di adorazione degli idoli, che sono qui proibite, implicavano tutte il riconoscimento di dèi diversi da Geova, è chiaro che Levitico 26:1 è in effetti comprensivo del primo e del secondo comandamento del decalogo. L'ingiunzione di osservare i sabati di Dio, sebbene in linea di principio comprenda tutti i tempi sabbatici precedentemente fissati, evidentemente si riferisce soprattutto al sabato settimanale del quarto comandamento; mentre il comando di riverire il santuario di Geova copre in linea di principio il fondamento del terzo.

E così, infatti, queste tre ingiunzioni comprendono essenzialmente i quattro comandamenti del decalogo che hanno a che fare con il dovere dell'uomo verso Dio, e sono quindi fondamentali per tutti gli altri doveri, sia verso Dio che verso l'uomo. Molto opportunamente, quindi, sono questi versetti qui riportati come un breve riassunto della legge a cui sono annesse le seguenti promesse e minacce. E la loro idoneità a quanto segue è tanto più chiara se ricordiamo che il sabato settimanale, in particolare, è altrove dichiarato in Esodo 31:12 segno dell'alleanza di Dio con Israele, alla quale appartengono queste promesse e minacce; e che anche la presenza del santuario di Geova, che qui sono accusati di riverenza, era una continua testimonianza visibile tra loro della speciale presenza di Dio in Israele in adempimento di quel patto.

Dopo questa pertinente sintesi dei comandamenti più fondamentali della legge, il resto del capitolo contiene, in primo luogo ( Levitico 26:3 ), le promesse di benedizione di Dio, nel caso in cui obbediranno a questa legge; in secondo luogo ( Levitico 26:14 ), minacce di castigo del giudizio, nel caso in cui disubbidissero: e, in terzo luogo ( Levitico 26:40 ), una predizione del loro pentimento finale e la promessa della loro graziosa restaurazione a favore di Dio, e l'eterna perseveranza del patto di Dio di preservarli nell'esistenza come nazione.

Il capitolo si chiude poi ( Levitico 26:46 ) con la dichiarazione: "Questi sono gli statuti, i giudizi e le leggi che il Signore ha stabilito tra Lui ei figli d'Israele sul monte Sinai per mano di Mosè".

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