PESTE N.5 -- BESTIAME MALATO

(vv.1-7)

Di nuovo il Signore chiede a Mosè di ripetere la sua richiesta al Faraone di lasciar andare il popolo. Questa volta avverte che se il Faraone si rifiuta, manderà una gravissima pestilenza su tutto il bestiame d'Egitto, una malattia che scaturirà con la morte, e che Israele ne sarebbe immune. C'è una lezione acuta in questo che l'avidità egoistica dell'uomo alla fine distrugge quelle cose che sono necessarie per servire i suoi interessi. Ad esempio, gli uomini ricorrono a scioperi, rivolte per i diritti civili, ecc. nel rivendicare quelli che chiamano i propri diritti, ma diventano sempre i perdenti.

Il versetto 6 ci dice che "tutto il bestiame d'Egitto morì". Eppure il versetto 19 indica che c'erano bestiame in Egitto al tempo della settima piaga. La risposta potrebbe essere che la parola "tutto" nel versetto 6 non è intesa come assoluta, ma usata in senso generale, oppure altro bestiame potrebbe essere stato introdotto dopo la quinta piaga. Il faraone inviò una richiesta per scoprire che nessuno del bestiame degli Israeliti era stato colpito, ma nonostante ciò indurì il suo cuore contro il Signore.

PESTE N.6 -- BOLLI

(vs.8-12)

In questo caso non c'era nessun avviso precedente. Il Signore disse a Mosè di prendere le ceneri di una fornace nelle sue mani e al cospetto del faraone di disperderle verso il cielo, evidentemente gettandole verso l'alto in modo che il vento le disperdesse in ogni direzione. Mentre faceva questo, le ceneri diventavano una polvere fine, portando con sé una tale infezione da infliggere foruncoli a persone e animali.

I maghi non fecero alcun tentativo di imitare questo miracolo perché erano loro stessi colpiti da foruncoli e probabilmente non erano ansiosi di averne di più! Questa piaga è tipica della corruzione morale personale che risulta dalla resistenza alla verità della Parola di Dio. Ma anche questo non persuase Faraone a pentirsi del suo stato di testardaggine nel rifiutare la Parola di Dio di lasciar andare il Suo popolo.

PESTE N.7 -- GRANDINE

(vv.13-35)

Ancora una volta il Signore comandò a Mosè di ripetere lo stesso messaggio al Faraone (v.13), aggiungendo che continuerà a mandare piaghe sul Faraone, sui suoi servi e sul suo popolo, finché alla fine il Faraone sarà sterminato dalla terra ( vs.13-15). Inoltre, al Faraone viene detto che Dio stesso aveva suscitato Faraone allo scopo di mostrare in Faraone il potere superiore di Dio, e che attraverso tutta questa storia il nome di Dio sarebbe stato dichiarato attraverso l'intera terra (v.16). Per questioni del genere verrebbero sicuramente segnalate in tutto il mondo.

Poiché il Faraone continuava ad esaltarsi contro il popolo di Dio, e quindi contro Dio stesso, gli viene detto che il giorno dopo Dio avrebbe inviato una grandine fortissima quale l'Egitto non aveva mai sperimentato prima (v.18). Ma viene gentilmente avvertito che gli animali lasciati fuori sarebbero stati uccisi. Alcuni tra i servitori del Faraone temevano la Parola del Signore e ascoltavano l'avvertimento, e naturalmente i loro animali erano al sicuro, ma altri non avevano rispetto per la Parola di Dio e ne subivano le conseguenze. (vs.20-21).

Quando Mosè agì secondo la Parola di Dio, stendendo la mano verso il cielo, la grandine fu accompagnata da tuoni e fulmini, il fuoco correva per terra, un'inflizione che colpì il paese d'Egitto più gravemente di qualsiasi cosa precedentemente nota, danneggiando tutta la vegetazione e rompere alberi e uccidere bestiame e persone rimaste fuori. Di nuovo il paese di Gosen fu risparmiato, così che Israele non soffrì affatto per la grandine.

Questa terribile afflizione fu così allarmante per il Faraone che chiamò Mosè e Aaronne (v.27), dicendo loro: "Ho peccato questa volta" e ammettendo che il Signore è giusto e che lui e il suo popolo sono malvagi. Non era affatto necessario che lo dicesse, anche se era vero, ma avrebbe certamente dovuto intenderlo quando promise di lasciare andare Israele se la piaga fosse cessata (v.28).

Sulla base della sua promessa, però, Mosè accettò di chiedere al Signore di togliere la piaga, e questa sarebbe cessata immediatamente. Mosè lasciò la città, testimoniando che la terra è del Signore (v.29). Eppure Mosè aggiunge che sapeva che il Faraone ei suoi servi avrebbero continuato a dimostrarsi ribelli (v.30). Si aggiunge qui che solo le colture precoci (lino e orzo) furono rovinate, non le colture successive (grano e farro).

Come aveva detto Mosè, il Signore diede tregua alla grandine, e di nuovo il Faraone adempì la predizione di Mosè indurendo il suo cuore nel rifiutare di lasciare andare Israele.

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