Allora Agrippa disse a Paolo: Ti è permesso di parlare per te stesso. Allora Paolo stese la mano e rispose da sé:[212] (2) Mi ritengo felice, re Agrippa, perché oggi risponderò da solo davanti a te di tutte le cose di cui sono accusato dai Giudei:

Entreremo subito in apprensione del disegno di Paolo in questa difesa, se consideriamo le accuse frivole e false, che indirettamente i Giudei avevano mosso contro di lui. Pestilente e animatore di sedizioni, l'oratore Tertullo avrebbe insinuato che Paolo, portandolo sotto il disappunto del governatore, fosse un nemico di Cesare; ma la condotta dell'Apostolo era troppo pacifica e ordinata per soffrire di tali accuse.

Paolo, quindi, molto saggiamente, non entrò nella più piccola difesa della sua condotta, in questo reparto, ma si limitò a ciò che si riferiva al suo attaccamento alla causa di Cristo. Che aveva onorato il tempio, invece di profanarlo; stava adempiendo la legge, invece di infrangerla; e dare la massima gloria a Dio, invece di bestemmiare Dio; l'Apostolo proverebbe pienamente, annunziando, che nella predicazione di Cristo tutte queste cose erano incluse.

Paolo, dunque, entra con gioia in sua difesa, agita la mano, come era costume di fare a quei tempi gli oratori pubblici, per richiamare l'attenzione, si dichiara felice dell'opportunità offertagli, e implora in particolare la paziente indulgenza d'Agrippa, per sviscerare il breve, ma interessante argomento, che spiegherebbe tutta la sua condotta, e dimostrerebbe pienamente la sua innocenza.

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