Il mio diletto è sceso nel suo giardino, nelle aiuole degli aromi, per pascolare nei giardini e per raccogliere i gigli.

Mi fermo il Lettore, all'inizio di questo versetto, per fargli notare ancora una volta, se l'osservazione fosse di nuovo necessaria, che questa risposta della chiesa, a coloro che cercavano il suo Signore, porta con sé la testimonianza più piena e innegabile che tutto il soggetto di questo Cantico è veramente spirituale e di natura divina. Negli amori delle persone carnali c'è troppa gelosia per dirigere gli altri all'oggetto dell'amore; piuttosto tutti vietano, piuttosto che condurre a una conoscenza: così che se non ci fosse altra prova che ciò che questa parte del canto contiene; stesso, sarebbe sufficiente per dimostrare a una dimostrazione, che non è l'amore di Salomone e la figlia del Faraone che forma il soggetto di questo Cantico, ma Cristo e la sua chiesa.

Non sarà molto difficile capire cosa si intenda per giardino di Cristo e sue aiuole di spezie, dopo quanto già osservato su questi argomenti, ( Cantico dei Cantici 4:16 ). L'espressione, infatti, riguardo al giardino di Cristo, varia alquanto qui; poiché la chiesa descrive il suo Signore come sceso nel suo giardino; con cui si può supporre che si intenda il giardino che Gesù ha in questo mondo inferiore, a titolo di distinzione con quello che è in alto; ma il tutto, sia sopra che sotto, non è che una chiesa; il dono del Padre, l'acquisto del suo sangue e la conquista della sua grazia.

E si può veramente dire che Gesù è sceso ai letti degli aromi, quando visita con la sua grazia qualche sua particolare anima; quando li nutre, o quando nutre (se è lecito l'espressione) se stesso, nel ricevere i frutti della grazia, che lui stesso ha piantato per mezzo del suo Santo Spirito nei loro cuori. Raccoglie anche i gigli, ogni volta che porta a casa anime preziose che ha redento a se stesso nella gloria.

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