Perché per me vivere è Cristo e morire è guadagno.

Senza discutere del diritto di predicare o dell'assenza di tale diritto da parte di questi uomini che predicano con motivi falsi e peccaminosi, la carità di Paolo trova anche motivo di rallegrarsi della situazione: che importa? Solo che in ogni modo, sia per simulazione che per verità, Cristo è predicato, e di questo mi rallegro. Paolo qui ha in vista solo una questione, cioè il possibile effetto che questa predicazione non autorizzata può avere sulla diffusione del Vangelo, sull'opera del Regno.

Qual è la situazione? lui chiede. Come giudicheremo l'intera questione? Ed è pronto a trascurare tutto il resto, se solo, in ultima analisi, si rendesse pieno onore a Cristo. I predicatori falsi ed egoisti possono lavorare con false pretese, possono non essere veramente preoccupati per il Vangelo, possono non essere sinceri. Gli altri, invece, uomini che amano l'apostolo e lavorano per lui e per il Vangelo in tutta sincerità, hanno in vista solo la gloria di Cristo.

Ma non importa in questo momento! Paolo grida. In entrambi i casi vince il Vangelo di Cristo, anche attraverso la predicazione degli ipocriti di cui parla. E quindi Paolo esulta: è motivo di gratificazione, di soddisfazione, per lui. Lo stesso è vero oggi, ma solo finché i predicatori che servono per qualche motivo insincero predicano davvero il puro Vangelo. Un falso predicatore non può mai davvero fare nulla per la gloria di Cristo.

Ma Paolo pensa non solo al presente, ma anche al futuro: Inoltre, mi rallegrerò; poiché so che questo mi risulterà in salvezza mediante la tua preghiera e il ministero dello Spirito di Gesù Cristo. Non importa quale sarà il risultato finale nel suo caso, Paul si rallegrerà, insisterà a scacciare tutti i pensieri cupi. Come la sua prigionia finora ha servito il Vangelo, così continuerà ad avere un progresso e un risultato buono e benedetto.

Questo risultato sarà reso possibile dalla preghiera dei Filippesi. La loro fervida preghiera sarà potente davanti a Dio per vincere il male dei loro nemici. Si affida a quella preghiera e al suo potere; sa che la sincera preghiera dei credenti ha grande forza e potenza davanti a Dio. E il ministero dello Spirito di Dio e di Cristo sarà l'altro fattore che gli sarà di aiuto.

Lo Spirito, che vive nell'apostolo, donatogli da Cristo, gli dona forza e disponibilità sia per sopportare l'attuale tribolazione, sia per continuare l'opera del Vangelo con vigore incessante. Sapeva che lo Spirito stesso sarebbe venuto in aiuto alla sua infermità e che avrebbe potuto fare ogni cosa per mezzo di Cristo, che lo ha rafforzato.

L'apostolo è sicuro, inoltre, che la sua fiducia non è malriposta: secondo la mia costante attesa e speranza che in nulla mi vergogno, ma in tutta fiducia, come sempre, anche ora, Cristo sia magnificato nel mio corpo, sia attraverso vita o mediante la morte: perché per me vivere è Cristo e morire un guadagno. L'apostolo ha in mente il proprio lavoro. La sua aspettativa al riguardo è premurosa, sincera, costante.

È un caso di intensa osservazione e desiderio da parte sua. È una speranza precisa che sta intrattenendo. Si aspetta e spera fermamente di non essere svergognato in nulla. Proprio come la sua vergogna davanti agli uomini era stata cambiata in una stima corretta del suo lavoro, così sperava che in tutto il suo ministero non ci sarebbe stato alcun motivo reale e giustificato per alcun sentimento di vergogna. In tutta fiducia, in tutta apertura, in tutta libertà di predicazione, Cristo doveva essere magnificato, il suo nome doveva essere lodato ed esaltato, essendo questa l'unica vera e ultima ragione della predicazione del Vangelo.

Questa è sempre stata la fervente speranza e aspettativa, letteralmente, l'attesa con la mano tesa, che Paolo ha intrattenuto. Nel suo corpo l'apostolo attende che Cristo sia magnificato. Per l'opera che Paolo compiva e che comportava una buona dose di duro lavoro fisico, e per le sofferenze che subiva, Cristo doveva essere altamente lodato. E per l'apostolo non importava se ciò accadesse con la sua vita o con la sua morte.

Se vive, può fare e anche soffrire di più per Cristo, che ha abbracciato nella fede e che ama per quella fede. E se muore, sarà nella fede di Cristo, per amore di colui che lo ha amato e che vale sacrifici ben più grandi. Con esultanza risuona il suo grido: Perché per me vivere è Cristo e morire guadagnare. L'essere in Cristo, è una nuova creatura; la sua vita è legata a Cristo, più intimamente connessa con Lui.

Cristo è per lui fonte e segreto della vita, per lui la vita è riassunta in Cristo. Si è rivestito di Cristo nel Battesimo e cresce ogni giorno di più nella conoscenza e nella somiglianza di Cristo. E morire è guadagno, il guadagno migliore e più vero: il compimento di ogni speranza e di ogni aspettativa viene nella cosiddetta morte del cristiano. Entra nell'eredità che è sua in Cristo Gesù. Vorrei che tutti i cristiani imparassero a credere ea dire queste parole con semplice confidenza, e vivessero la loro vita secondo il loro significato!

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