Questa è una storia nella vita privata di Acab. Accanto ai suoi vasti e ricchi possedimenti c'era una vigna, eredità di un uomo che al confronto di Acab era povero. Nabot, leale alla legge di Dio e rispettando i propri diritti personali, rifiutò di separarsi dalla sua vigna. Ancora una volta leggiamo che il re era triste e arrabbiato. Ma ancora una volta il suo cuore non era retto con Dio, e di conseguenza gli mancava l'unica ispirazione sufficiente di rettitudine nella condotta verso suo fratello.

La sua cupa tristezza ha catturato l'attenzione di Jezebel e si è lasciato nelle sue mani. Il risultato fu il vile crimine dell'omicidio di Nabot.

Poi vediamo Acab nella vigna di Nabot, apparentemente in possesso. Gli uomini, tuttavia, non possiedono così facilmente le cose che ottengono con metodi ingiusti. Proprio lì, nel giardino agognato, con sorprendente rapidità, il rozzo profeta di Oreb, Elia, si fermò davanti ad Acab. Si può immaginare il misto di terrore e passione nella voce di Acab mentre gridava: "Mi hai trovato, o mio nemico?" Anche qui Elia assurse alla dignità del vero ufficio profetico poiché con parole che dovevano aver bruciato l'anima interiore di Acab pronunciò la condanna per la sua terribile trasgressione. Pieno di paura, Acab assunse l'atteggiamento esteriore della penitenza, che con ogni probabilità era egoista quanto il suo peccato. Eppure anche questo è bastato per fermare per il momento la mano del giudizio.

Dio non colpisce mai finché rimane la più pallida possibilità.

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