Quando Elia aveva sentito che solo lui era rimasto fedele a Dio, gli era stato detto di settemila persone che non avevano piegato il ginocchio a Baal. Uno di questi, o forse il figlio di uno, sta davanti a noi in questo racconto nella persona della serva che, portata prigioniera, si ricordava tuttavia del profeta della sua terra e mantenne la sua coincidenza nella sua capacità di fare miracoli. Attraverso il suo intervento la lebbrosa Naaman fu mandata dal re di Siria al re d'Israele, ma il giorno del re in Israele come in ogni senso rappresentante Geova era passato.

L'atteggiamento di Eliseo in questo capitolo fu dall'inizio alla fine di una dignitosa lealtà a Dio. Questo si vede prima nel suo messaggio al re, che era pieno di paura alla venuta di Naaman. Era manifesto, inoltre, nel suo comando al ricco lebbroso chiedendone la sottomissione, e infine nel suo assoluto rifiuto di prendere qualsiasi ricompensa personale per ciò che era stato operato da Dio.

Per Eliseo, Gehazi è in diretto contrasto. Governato dal desiderio egoistico, ottenne vantaggio per se stesso e poi mentì al suo padrone. La sua punizione è stata rapida. Colui che aveva cercato e ottenuto la ricompensa che Eliseo aveva rifiutato, divenne lui stesso un lebbroso, bianco come la neve.

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