Quando Giobbe ebbe cessato, gli rispose Zofar, l'ultimo dei tre amici. Il suo metodo era caratterizzato da una semplicità ancora maggiore di quella di Bildad. In effetti, c'era in lui una durezza e una schiettezza assenti dai modi dei suoi amici. Questo può o rivelare un uomo di temperamento diverso, o che ora, con maggiore determinazione e audacia, Giobbe aveva negato la loro filosofia affermando la sua innocenza.

In primo luogo affermò la necessità di rispondere, descrivendo Giobbe come "un uomo pieno di chiacchiere" e dichiarando che le sue vanterie non potevano mettere a tacere i suoi amici. La denuncia di Zophar contro di lui è espressa nelle parole:

Tu dici, la mia dottrina è pura, e io sono puro ai tuoi occhi.

Avrebbe voluto che Dio parlasse. Se lo volesse, allora Giobbe saprebbe che tutta la sua sofferenza è stata inferiore alla sua iniquità. Giobbe aveva affermato la saggezza di Dio, eppure, nel pensiero di Zofar, l'aveva messa in dubbio. Perciò, in un passo pieno di bellezza, lo riaffermava, e insisteva che questo Dio di sapienza conosce gli uomini. Intendeva dichiarare a Giobbe che anche se poteva non essere consapevole del proprio peccato, tuttavia il peccato era lì, e Dio lo vide.

Questa è di nuovo una riaffermazione della stessa filosofia di quella dei suoi amici. Stava discutendo dalla sofferenza di Giobbe al suo peccato. Se Zofar era rude nei modi, il suo desiderio e la sua speranza per Giobbe possono essere osservati, poiché la sua descrizione della prosperità che verrà se solo rimetterà a posto il suo cuore è più lunga e più bella di quella di Elifaz o di Bildad.

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