'Allora il re si alzò molto presto al mattino e andò in fretta alla fossa dei leoni, e quando si avvicinò alla tana, da Daniele, gridò con voce addolorata. Il re parlò e disse a Daniele: «O Daniele, servo del Dio vivente, il tuo Dio, che servi continuamente, può liberarti dai leoni?».

Qui è chiarito che il re era sinceramente preoccupato per Daniele. Per molti versi la vita di un re è una vita solitaria. Può fidarsi di pochi. Ha stretti rapporti con pochi. In modo che quando trova qualcuno che gli piace e di cui si fida si può costruire un forte legame. E sembrerebbe il caso qui.

Sembrerebbe che la sentenza richiedesse che il condannato passasse la notte nella fossa dei leoni. I leoni sarebbero stati tenuti affamati e di solito non era necessaria più di una notte. Così, nel primissimo momento in cui poteva ragionevolmente, probabilmente mentre l'alba cominciava a spuntare, andò lui stesso il più velocemente possibile nella fossa dei leoni. Nel suo cuore c'era ancora la speranza che fosse accaduto un miracolo.

E quando si avvicinò e vide il buco che dava sulla caverna, non poté trattenersi, e con voce addolorata gridò. Daniele gli aveva detto che serviva il Dio vivente, non un dio d'oro, d'argento o di pietra. Ebbene, era vero?

Così mentre si arrampicava verso il buco che gli avrebbe detto il peggio, gridò: 'Daniele, servo del Dio vivente, l'ha fatto? Lo hai servito fedelmente. Ti ha consegnato?' Sia il dubbio che la paura e la speranza venivano tutti espressi. Era fuori di sé. E poi arrivò il suono che non aveva osato sperare.

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