“Sulla sua rovina abiteranno tutti gli uccelli del cielo, e tutte le bestie selvatiche staranno sui suoi rami, al punto che nessuno di tutti gli alberi presso le acque si eleverà nella sua altezza, né ponga la sua cima tra le rami intrecciati, né che i loro potenti si alzino alla loro altezza, anche quelli che bevono acqua. Perché sono tutti consegnati alla morte, negli inferi della terra, in mezzo ai figli degli uomini, con quelli che scendono nella fossa».

L'umiliazione dell'Egitto va vista alla luce di ciò che era e di ciò che affermava di essere. Affermava di essere governato da un dio sulla terra, il Faraone, in modo che fossero tutti i prescelti di quel dio. Pertanto rivendicava l'autorità divina sui suoi vicini e li considerava inferiori. Eppure il suo comportamento è stato ben al di sotto delle sue pretese, si è sovraesaltato e ha impoverito gli altri. Quindi doveva essere abbassato in modo che la falsità delle sue affermazioni fosse ovvia a tutti, e doveva essere abbassato perché meritava di esserlo.

Coloro che un tempo dipendevano da esso, invece, lo sopravviveranno, e invece di ripararsi sotto i suoi rami li calpesteranno. Questa sarà una lezione per tutte le nazioni a non esaltarsi come aveva fatto l'Egitto. Viene infatti sottolineata l'umanità del Faraone e degli egizi. Sono di quelli che 'bevono acqua', come tutti gli altri. Scendono nella tomba 'in mezzo ai figli degli uomini'. Questa è una negazione diretta del destino divino che l'Egitto rivendicava per il faraone. Perché tutti, compreso il Faraone, hanno lo stesso destino, il mondo dei morti. Perché tutti muoiono.

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