È vero che il carattere splendido di questo ministero è per il momento oscurato dalle condizioni terrene e fisiche in cui viene esercitato. Paolo è consapevole che questa disabilità è particolarmente marcata nel suo caso. I suoi oppositori avevano probabilmente buone ragioni per dire che la sua presenza corporea è debole ( 2 Corinzi 10:10 ; 1 Corinzi 15:8 *).

2 Corinzi 10 s. si riferisce spesso alle infermità, e specialmente alla spina nella carne ( 2 Corinzi 12:7 *) che fu per lui una dura prova. Ma Paolo vede in essa l'opera della volontà di Dio, affinché non vi siano dubbi sulla vera fonte del potere che esercitava; non veniva da Paolo ma da Dio. E questo potere divino opera non solo attraverso di lui ma dentro di lui, sostenendo esperienze che altrimenti schiaccerebbero.

Anzi, c'è un'interpretazione ancora più profonda della sua sofferenza. Come tutta la sua esperienza da quando è diventato cristiano, è legata alla sua unione con Cristo. E se si rievocano la morte di Cristo, i suoi dolori e la sua impotenza, è solo perché anche la vita gloriosa di Gesù risorto si manifesti nell'apostolo. Ma ancora non a suo beneficio ( 2 Corinzi 1:6 ). Accetta allegramente quella che per lui è fisicamente una morte viva, perché il suo esito è la vita spirituale per coloro ai quali assiste.

Ma il contrasto tra la vera gloria del ministero apostolico e la debolezza esteriore del ministro è, in fondo, solo temporale. La stessa fiducia con cui parla è una prova della sua fede qui richiama un pensiero simile del Salmista ( Salmi 116:10 ) e con fede va lo Spirito, primizia e insieme garanzia della piena salvezza.

Nella potenza di questo Spirito vede cosa sta succedendo in concomitanza con l'usura e la rottura della struttura fisica, vale a dire. la crescita quotidiana di una personalità interiore, spirituale ed eterna. Per questo l'afflizione del presente è vista come temporanea e sentita leggera, almeno da coloro che fissano lo sguardo sull'invisibile. In 2 Corinzi 4:15 gli passa per la mente il pensiero che può sembrare perdersi nella contemplazione della propria esperienza e delle proprie speranze; e in modo molto caratteristico interpola il ricordo di quella che è la sua profonda convinzione che tutto questo, anche la sua esperienza più individuale, è in primo luogo per il loro bene, e in definitiva per la maggior gloria di Dio.

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