Nessuno che abbia bevuto del vino vecchio ne desidera subito del nuovo, perché dice: Il vecchio è migliore.

Nessuno che abbia bevuto del vino vecchio ne desidera subito del nuovo; poiché egli dice: Il vecchio è migliore. Questi sono solo esempi di incongruenze nelle cose comuni. Come il buon senso degli uomini li porta ad evitarli nella vita ordinaria, così ci sono analoghe incongruenze nelle cose spirituali che i saggi rifuggiranno. Ma cosa c'entra questo con la domanda sul digiuno? Molto in ogni modo. Il genio della vecchia economia - di cui si potrebbe prendere come simbolo la tristezza e la schiavitù del "digiuno" - era ben diverso da quello della nuova, la cui caratteristica è la libertà e la gioia: quella di queste, dunque, non doveva essere mischiata su con l'altro.

Come, in un caso addotto a titolo illustrativo, «la rendita è aggravata», e nell'altro «il vino nuovo è versato», così «per una mescolanza meticcia del ritualismo ascetico dell'antico con la libertà spirituale del nuovo». l'economia sono entrambe sfigurate e distrutte». La parabola del preferire il vino vecchio al vino nuovo, caratteristica del nostro Vangelo, è stata variamente interpretata. Ma il "vino nuovo" sembra chiaramente essere la libertà evangelica che Cristo stava introducendo; e "il vecchio", lo spirito opposto dell'ebraismo: non ci si poteva aspettare che uomini avvezzi a quest'ultimo "direttamente", o tutti in una volta, prendessero un collegamento per il primo" - q.

d., 'Queste domande sulla differenza tra i Miei discepoli ei Farisei, e anche il modo di vivere di Giovanni, non sono sorprendenti; sono l'effetto di una naturale repulsione contro il cambiamento improvviso, che il tempo curerà; il vino nuovo col tempo diventerà esso stesso vecchio, e così acquisirà tutto il fascino aggiunto dell'antichità».

Osservazioni:

(1) Può sembrare che ci sia una certa incoerenza tra la libertà e la gioia che qui nostro Signore indirettamente insegna come caratteristica della nuova economia, e quella tristezza per la Sua dipartita di persona dalla Chiesa, che Egli intima, sarebbe il sentimento proprio di tutti che lo amano durante lo stato presente. Ma i due sono abbastanza coerenti. Possiamo soffrire per una cosa e gioire per un'altra, anche allo stesso tempo.

L'uno, infatti, castiga necessariamente l'altro; e così è qui. La libertà con cui Cristo ci ha resi liberi è una sorgente di gioia irresistibile e comandata; né questo è un punto condiviso, ma solo castigato e raffinato, dal sentimento vedovo dell'assenza di Cristo. Ma neppure questo senso dell'assenza di Cristo è meno reale e triste che ci viene insegnato a "rallegrarci sempre nel Signore", "che non avendo visto amiamo, in cui credendo ci rallegriamo di gioia indicibile e gloriosa", nella certezza che «quando apparirà Colui che è la nostra Vita, anche noi appariremo con Lui nella gloria.

(2) In tutti gli stati di transizione della Chiesa o di una parte di essa, dal peggiore al migliore, compaiono tra i sinceri due classi, che rappresentano due estremi. Nell'uno prevale l'elemento conservatore; nell'altro , il progressista. L'uno, simpatizzante con il movimento, ha ancora paura che vada troppo veloce e troppo lontano: gli altri sono impazienti di mezze misure. La simpatia di una classe per ciò che è buono nel movimento è quasi neutralizzata e perduti dalla loro apprensione per il male che probabilmente accadrà al cambiamento: la simpatia dell'altra classe con esso è così imponente, che sono ciechi al pericolo e non hanno pazienza con quella cautela che sembra loro solo timidezza e sbavatura.

Ci sono pericoli da entrambe le parti. Di molti che si ritraggono nel giorno della prova, quando un passo audace li fa atterrare sani e salvi dalla parte giusta, si può dire: "I figli sono nati e non c'è forza per partorire". A molti riformatori sconsiderati, che rovinano il proprio lavoro, si può dire: "Non essere troppo giusto, né renderti troppo saggio: perché dovresti distruggerti?" L'insegnamento di Nostro Signore qui, mentre ha voce a coloro che si aggrappano irragionevolmente a ciò che è antiquato, parla ancora più chiaramente a quei riformatori frettolosi che non hanno pazienza con la timidezza dei loro fratelli più deboli. Quale dono per la Chiesa, in tempi di vita dai morti, sono anche pochi uomini dotati della saggezza di guidare la nave tra quei due scogli!

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