E tutti i figliuoli d'Israele mormorarono contro Mosè e contro Aaronne; e tutta l'assemblea disse loro: Volesse Dio che fossimo morti nel paese d'Egitto! o Dio se fossimo morti in questo deserto!

Fosse Dio che fossimo morti. Tale insolenza verso i loro generosi capi e tale vile ingratitudine verso Dio mostrano la profonda degradazione degli Israeliti e l'assoluta necessità del decreto che impediva a quella generazione di entrare nella terra promessa. Furono puniti dal loro desiderio di morire in quel deserto. Si parla di un capo per ricondurli in Egitto ( Nehemia 9:17 ) come effettivamente nominato. La peccaminosità e la folle follia della loro condotta sono quasi incredibili. La loro condotta, tuttavia, è parallela a troppi tra di noi, che rifuggono dalle più piccole difficoltà e preferiscono rimanere schiavi del peccato piuttosto che cercare risolutamente di superare gli ostacoli che si trovano sulla loro strada verso il Canaan di sopra.

Si calcola che questa ribellione sia avvenuta il nono giorno di Ab, un giorno memorabile nella storia ebraica per una serie di calamità nazionali; il giorno dello stesso mese in cui Nabucodonosor, 900 anni dopo, distrusse la città e il tempio di Gerusalemme; in cui, in un periodo molto successivo, Tito, comandante romano, rovesciò la capitale della Giudea, con il suo santuario, realizzando la predizione di Michea (3,12); e sulla quale, ancora 50 anni dopo, in punizione dell'insurrezione di Bar-Chochebas, la città fu nuovamente assediata e presa da Adriano, in mezzo a un massacro di 600.000 ebrei. Un'elegia, composta da un poeta ebreo del Medioevo, e cantata dalle comunità ebraiche in questo triste giorno - l'anniversario di tanti disastri per la loro nazione - è data dal professor Munk, Parigi, nel suo "Saggio sulla poesia di gli ebrei nel Medioevo».

Continua dopo la pubblicità
Continua dopo la pubblicità