Luca 14:12

Il consiglio di Cristo al suo ospite.

Le cene ordinarie sono sbagliate, quindi, agli occhi di Cristo, il nostro Legislatore? Condanna davvero l'usanza di avere i nostri amici ed eguali sociali a cenare con noi, e chiede davvero di intrattenere invece, se intratteniamo affatto, solo coloro che sono convenzionalmente inferiori a noi solo i poveri e gli indigenti, gli oggetti più malinconici, le creature più miserabili che possiamo trovare?

I. Riguardo al passaggio che ci sta davanti, al messaggio velato, al cui spirito avvolto vorrei penetrare e cogliere, vi è chi, senza dubbio, sosterrà che non ha bisogno di spiegazioni, che ciò che nostro Signore insegnò presso il fariseo tavola era proprio questo: che il suo ospite smettesse di intrattenere i suoi parenti e amici benestanti, che potevano ricambiare il complimento, e si dedicasse invece all'intrattenimento dei "poveri, muti, zoppi e il cieco", con il quale si sarebbe assicurato una ricompensa maggiore.

Questo, avrebbero affermato, è ciò che Egli ha chiamato a fare l'uomo, come la cosa migliore e più benedetta; ma non spetta a noi farlo al giorno d'oggi. Con alcuni altri suoi consigli e ammonimenti, non può essere eseguito da noi; non è adatto o applicabile al tempo presente. In risposta alla quale dico che non è mai stato adatto o applicabile, e quindi non avrebbe potuto essere inteso da Cristo. Non ha mai sfidato o contraddetto la natura umana: come potrebbe? Dio ha creato la natura umana, in tutti i paesi e in tutte le età, per uscire dopo aver avuto rapporti con spiriti affini, con persone dei nostri gusti e abitudini, del nostro rango o ordine; e quindi so, e sono sicuro, che Cristo Figlio dell'uomo non ha mai voluto dire ciò che, a uno sguardo superficiale, sembra voler dire qui.

La questione non è affatto di amicizia sociale, ma di spesa; e degli oggetti a cui dovrebbe essere dedicata la nostra grande spesa. Quando vorresti prodigare guai e denaro, dice Cristo, fa' che la prodigazione non sia per la tua gratificazione personale, ma per la benedizione degli altri.

II. Ma l'ammonimento del testo va oltre il pranzo; si applica in genere all'abitudine di disporre liberamente, profusamente, senza riserve, per procurarci qualsiasi comodità, profitto o ampliamento, e ci esorta invece a limitare tale disposizione a progetti generosi e benevoli al lavoro di piacere, di rendere servizio, di comunicare il bene, che è il principio e lo Spirito stesso di Colui che, quando ha effuso la sua anima fino alla morte, lo ha fatto per portarci a Dio.

Ora questo ha una sua peculiare e grandissima ricompensa, dice Cristo, dalla quale sono esclusi coloro che sono principalmente intenti a spendere per se stessi, alla cui beatitudine non possono avere parte. Trova la sua ricompensa nella "risurrezione dei giusti". Sì, in ogni risurrezione dal male alla buona condizione, dal disordine e dal male alla giustizia e all'ordine che si compie sulla terra, è ricompensa.

Ma c'è qualcosa oltre, molto presente e vicino; perché c'è sempre una risurrezione dei giusti dentro di noi, tutte le volte che facciamo qualcosa con esborso, per amore e bontà. Genera infallibilmente un risveglio, un nuovo ravvivamento ed espansione dello spirito di amore e di bontà; e qui c'è la ricompensa costante e sempre retributiva di coloro la cui graziosa abitudine è di non guardare alle proprie cose, ma a quelle degli altri. La loro ricompensa più vera e migliore sta nella qualità e capacità celesti che vengono quotidianamente incoraggiate e approfondite dentro di loro.

SA Tipple, Pulpito del mondo cristiano, vol. xii., p. 280.

Riferimenti: Luca 14:12 . TT Lynch, Ministero dei tre mesi, p. 145. Luca 14:14 . Parker, I mercoledì sera alla Cavendish Chapel, p. 64. Luca 14:15 .

HW Beecher, Pulpito del mondo cristiano, vol. xxviii., p. 387. Luca 14:16 . HJ Wilmot-Buxton, Sermoni della Missione Waterside, p. 21. Luca 14:16 ; Luca 14:17 . Rivista del sacerdote, vol. iv., pag. 225; T. Birkett Dover, Un manuale di Quaresima, p. 16.

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