Salmi 88:15

Che cos'è che il salmista si dichiara con queste parole se non che i giudizi di Dio hanno sempre e abitualmente impossessato la sua mente? che il loro timore gli è gravato come un peso; che fin dalla giovinezza è stato presente con lui? Se guardiamo in qualche libro di preghiere o meditazioni di uomini buoni, lo stesso sentimento si presenta; incontriamo espressioni di dolore e di inquietudine sotto la coscienza del peccato, come se il peccato fosse un male per loro non meno reale di quello che concepiamo per un dolore fisico intenso e continuo. È questo sentimento che mi sembra così comune tra noi.

I. Il sentimento di pensare con leggerezza al peccato è uno dei mali che sembrano accompagnare naturalmente quello che viene chiamato uno stato di alta civiltà. Poiché tutte le cose su di noi vengono ammorbidite, così sono i nostri giudizi sulle nostre stesse anime.

II. Tutti noi immaginiamo che se dovessimo commettere un grande crimine, dovremmo sentirlo molto profondamente, che dovremmo vergognarci e avere paura allo stesso tempo e dovremmo temere i giudizi di Dio. Dato che i nostri difetti sono per lo più in quelle che chiamiamo piccole cose; cioè in cose che la legge umana non punirebbe affatto, e che non producono gravi perdite o sofferenze mondane a nessuno. Ci sembra di immaginare che agli occhi di Dio le azioni della nostra vita siano vuote; che sono cose del tutto troppo insignificanti per essere notate da Lui; che non li considera affatto.

III. San Paolo dice: "Tutto ciò che non è di fede è peccato". Non è dunque un'esagerazione, ma la semplice verità, che i nostri peccati sono più numerosi dei capelli del nostro capo; e potrebbe benissimo accadere che, guardando tutto questo vasto numero, e ricordando i giudizi di Dio, il nostro cuore, come dice di se stesso il salmista, ci venga meno per paura. Ricorda che tante ore di veglia quante abbiamo in ogni giorno, tante ore abbiamo di peccato o di santità; ogni ora consegna e deve consegnare il suo record: e tutto ciò che è registrato è posto o da un lato della linea fatale o dall'altro; è imputato a nostro grande conto del bene o del male.

T. Arnold, Sermoni, vol. v., pag. 106.

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