Se avessi chiamato e lui mi avesse risposto; [eppure] non crederei che abbia ascoltato la mia voce.

ver. 16. Se l'avessi chiamato e lui mi avesse risposto ] Se, confidando nella mia giustizia, avessi cercato dalle sue mani qualcosa di buono, e in ciò mi avesse condiscendente, tuttavia non crederei che abbia, per misericordia, ascoltato la mia voce; ma piuttosto, per un ulteriore danno, affinché potesse rotolarsi su di me, come Giuseppe sui suoi fratelli, e come Dio fece contro gli Israeliti dopo le loro quaglie; per poterli strappare con la sua tempesta, ecc.

Alcuni pensano che Giobbe dica queste parole, disperando dell'udienza, o negando la particolare provvidenza di Dio; ma nessuno di questi è probabile. Sembra piuttosto, dice Pineda, essere il discorso di una mente meravigliosamente abbattuta e meschinamente presuntuosa di se stesso e della sua preghiera; e confidando nella bontà di Dio solo; così Druso. Giobbe non dice questo, dice, per diffidenza, ma per timore dei giudizi di Dio e senso delle proprie imperfezioni.

Eppure non crederei che avesse ascoltato la mia voce ] Vale a dire, per il valore che trova in essa: che cosa sono io, povera creatura, da pensare di aver affrontato la questione con Dio?

Continua dopo la pubblicità
Continua dopo la pubblicità