I “vitelli d'oro” erano probabilmente rappresentazioni della forma cherubica, imitazioni dei due cherubini che custodivano l'arca dell'alleanza nel sancta sanctorum. Ma essendo copie non autorizzate, allestite in luoghi che Dio non aveva scelto, e senza alcuna sanzione divina, gli scrittori sacri li chiamano “vitelli”. Non erano semplici figure umane con le ali, ma avevano comunque la testa di un vitello o di un bue. (Quindi, alcuni attribuiscono questo culto del vitello interamente all'influenza assira e fenicia.) Geroboamo, nel fondarli, probabilmente non fu influenzato tanto dal culto delle Api in Egitto, quanto:

(1) dalla convinzione che gli Israeliti non potevano essere portati ad attaccarsi a qualsiasi culto che non offrisse loro oggetti sensibili da venerare;

(2) per la circostanza che non possedeva nessuno dei vecchi oggetti di venerazione, che erano stati concentrati a Gerusalemme; e

(3) dal fatto che poteva invocare per i suoi "vitelli" l'autorità di un nome così grande come Aaron (riferimento marginale).

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