Ora, o re, stabilisci il decreto - Ordina, emanalo, confermalo.

E firma la scritta - Un atto necessario per farne la legge del regno.

Che non sia cambiato - Che, avendo il segno-manuale del sovrano, possa essere così confermato che non può essere cambiato. Con quel segno si affermò a tal punto, pare, che nemmeno il sovrano stesso poté cambiarlo.

Secondo la legge dei Medi e dei Persiani, che non altera - Margine, Passa. Che non passa; che non è abrogato. Un fatto simile a proposito di una legge dei Medi e dei Persiani è menzionato in Ester viii., in cui il re non riuscì a ricordare un ordine che era stato dato per il massacro dei Giudei, e in cui tentò solo di contrastarlo per quanto possibile mettendo in guardia gli ebrei e permettendo loro di difendersi.

Diodoro Siculo (lib. iv.) si riferisce a questa usanza dove dice che Dario, l'ultimo re di Persia, avrebbe perdonato Caridemo dopo essere stato condannato a morte, ma non poteva invertire ciò che la legge aveva approvato contro di lui. - Basso. “Quando il re di Persia”, dice Montesquieu (Spirit of Laws, come citato da Rosenmuller, Morgenland, in loc .), “ha condannato a morte qualcuno, nessuno osa parlargli per intercedere per lui.

Anche se fosse ubriaco quando è stato commesso il crimine, o fosse pazzo, il comando deve comunque essere eseguito, poiché la legge non può essere annullata e le leggi non possono contraddirsi da sole. Questo sentimento prevale in tutta la Persia”. Può sembrare singolare che prevalesse una tale usanza e che il re, che era la fonte della legge e la cui volontà era legge, non potesse cambiare uno statuto a suo piacimento.

Ma questa usanza nasceva dalle opinioni che prevalevano in Oriente riguardo al monarca. La sua volontà era assoluta, e faceva parte del sistema che prevalse allora per esaltare il monarca e lasciare nella mente del popolo l'impressione che fosse più di un uomo, che fosse infallibile e non potesse errare. Niente era più adatto a mantenere quell'impressione di un principio stabilito di questo tipo - che una legge una volta ordinata non poteva essere abrogata o cambiata.

Fare questo sarebbe un riconoscimento pratico che c'era un difetto nella legge; che mancava la saggezza nell'ordinarlo; che tutte le circostanze non erano previste; e che il re poteva essere ingannato ed errare. Con tutti gli inconvenienti di una tale consuetudine, si giudicava meglio mantenerla piuttosto che permettere che il monarca potesse errare, e quindi, quando una legge veniva ordinata, diventava fissa e immutabile.

Neppure il re stesso poteva modificarlo e, quali che fossero le conseguenze, doveva essere giustiziato. È evidente, tuttavia, che tale usanza potrebbe avere dei vantaggi. Servirebbe a prevenire le legislazioni affrettate, ea dare stabilità al governo, facendole conoscere quali sono le leggi, evitando così i mali che risultano quando vengono frequentemente cambiate. Spesso è preferibile avere leggi permanenti, anche se non le migliori che potrebbero essere formulate, rispetto a quelle che sarebbero migliori, se non ci fosse stabilità.

C'è un solo Essere, tuttavia, le cui leggi possono essere senza dubbio immutabili - e questo è Dio, poiché le sue leggi sono formate con una piena conoscenza di tutte le relazioni delle cose e della loro incidenza su tutte le circostanze e i tempi futuri. Serve a confermare l'affermazione qui fatta rispetto all'antico costume in Media e Persia, che la stessa idea dell'inviolabilità della parola regale è rimasta, in forma attenuata, ai tempi moderni.

Un notevole esempio di ciò è riportato da Sir John Malcolm, di Aga Mohammed Khan, il penultimo dei re persiani. Dopo aver accennato al caso in esame, ea quello in Ester, osserva: «Il carattere del potere del re di Persia non ha subito alcun cambiamento. Il defunto re, Aga Mohammed Khan, quando si accampò vicino a Shiraz, disse che non si sarebbe mosso fino a quando la neve non fosse stata rimossa dalle montagne nelle vicinanze del suo accampamento.

La stagione si è rivelata rigida e la neve è rimasta più a lungo del previsto; l'esercito cominciò a soffrire di angustie e malattie, ma il re disse che finché la neve fosse rimasta sulla montagna, non si sarebbe mosso; e la sua parola era come legge e non poteva essere violata. Fu raccolta una moltitudine di operai e mandata a togliere la neve; i loro sforzi e alcuni bei giorni hanno liberato le montagne e Aga Mohammed Khan ha marciato”. - Storia della Persia, i. 268, citato nella fig. Bibbia, in loc .

Continua dopo la pubblicità
Continua dopo la pubblicità