E prenderai in mano questa verga, con la quale farai dei segni. Prendi questa verga - Dalla storia della verga di Mosè i pagani hanno inventato le favole del tirso di Bacco e del caduceo di Mercurio. Cicerone conta cinque Bacco, uno dei quali, secondo Orfeo, sarebbe nato dal fiume Nilo; ma, secondo l'opinione comune, nacque sulle rive di quel fiume. Bacco si dice espressamente che sia stato esposto sul fiume Nilo, quindi è chiamato Nilo, sia da Diodoro che da Macrobio; e negli inni di Orfeo è chiamato Mise, perché fu tratto fuori dall'acqua.

È rappresentato dai poeti come bellissimo e illustre guerriero; riferiscono che abbia invaso tutta l'Arabia con un numeroso esercito sia di uomini che di donne. Si dice anche che sia stato un eminente legislatore e che abbia scritto le sue leggi su due tavole. Portava sempre in mano il tirso, una verga avvolta da serpenti, e con la quale si dice che abbia operato molti miracoli. Chiunque conosca la nascita e le gesta del poetico Bacco li percepirà subito come tutti presi in prestito dalla vita e dagli atti di Mosè, come riportato nel Pentateuco; e sarebbe perdere tempo mostrare il parallelo, citando passi del libro dell'Esodo.

Il caduceo o verga di Mercurio è ben noto nelle favole poetiche. È un'altra copia della verga di Mosè. Si dice anche che abbia operato una moltitudine di miracoli con questa verga; e in particolare si dice che uccida e faccia vivere, che mandi anime nel mondo invisibile e da lì le riporti. Omero rappresenta Mercurio che prende la sua verga per fare miracoli esattamente nello stesso modo in cui Dio comanda a Mosè di prendere la sua.

μης δε ψυχας Κυλληνιος αλειτο

μνηστηρων· εχε δε ῬΑΒΔΟΝ μετα χερσιν

αλην, χρυσειην, τῃ τ' ανδρων ομματα θελγει,

Ὡν εθελει, τους δ' αυτε και ὑπνωοντας εγειρει.

Odissea, lib. XXIV., v. 1.

Ermete cylleniano ora chiamò le anime

Di tutti i corteggiatori; con la sua bacchetta d'oro

Del potere, per sigillare nel dolce sonno i cui occhi

Prima che lo faccia, e riaprili.

Cowper.

Virgilio copia Omero, ma porta il parallelo più lontano, la tradizione gli ha probabilmente fornito più particolari; ma in ambedue possiamo vedere una copia mascherata della storia sacra, dalla quale invero i poeti greci e romani presero la maggior parte delle loro bellezze.

Tum Virgam Capit: hac animas ille evocat Orco

Pallentes, alias sub tristia Tartara mittit;

Dat somnos, adimitque, et lumina morte resignat

Illa fretus agit, ventos, et turbida tranat. Eneide, lib. iv., vers. 242.

Ma prima afferra nella sua terribile mano

Il marchio del potere sovrano, la bacchetta magica;

Con questo trae i fantasmi dalle tombe vuote,

Con ciò li spinge giù per le onde dello Stige;

Con questo suggella nel sonno la vista vigile,

E gli occhi, benché chiusi nella morte, ritornano alla luce.

Così armato, il dio comincia la sua corsa aerea,

E spinge le nuvole travagliate lungo lo spazio liquido.

Asciugare.

Molte altre somiglianze tra la verga dei poeti e quella di Mosè, il dotto lettore ricorderà facilmente. Questi esemplari possono essere ritenuti sufficienti.

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