E giudicò Israele nei giorni dei Filistei per vent'anni. Giudicò Israele - vent'anni - A margine è detto, Sembra che abbia giudicato Israele sudoccidentale durante i vent'anni della loro servitù dei Filistei, Giudici 13:1 . Invece di עשרים שנה esrim shanah, vent'anni, il Talmud di Gerusalemme ha ארבעים שנה arbaim shanah, quarant'anni; ma questa lettura non è riconosciuta da alcun MS.

o versione. Secondo Calmet, i vent'anni del giudizio di Sansone iniziarono il diciottesimo anno della sottomissione di Israele ai Filistei; e questi vent'anni sono compresi nel giudizio del sommo sacerdote Eli.

L'incendio del grano dei Filistei per mezzo di volpi e di tizzoni è una circostanza molto notevole; e c'è una storia raccontata da Ovidio, nel 4° libro de' suoi Fasti, che ha una sorprendente similitudine con ciò; e si suppone che alcuni dotti alludano a Sansone e alle sue volpi. Il poeta non sa spiegare questa usanza, ma fa entrare un vecchio di Carseoli, con quella che doveva apparirgli una soluzione molto insoddisfacente. Il brano inizia così: -

Tertia post Hyadas cum luxerit orta, remotas,

Carcere partitos Circus habebit equos

Cur igitur missae vinctis ardentia taedis

Terga ferant vulpes, causa docenda mihi?

video Ovidio, Fastor. lib. iv., vers. 679.

La sostanza di tutto il racconto, che è troppo lungo per essere trascritto, è questo: Era usanza a Roma, celebrata nel mese di aprile, di far scatenare nel circo un certo numero di volpi, con i flambeaux accesi sul dorso; ed il popolo romano si compiaceva di vedere questi animali correre qua e là fino a morire arrostiti dalle fiamme di cui erano avvolti. Il poeta desidera sapere quale fosse l'origine di questa usanza, ed è così informato da un anziano della città di Carseoli: "Un giovinetto giovinetto, di circa dieci anni, trovò, presso un boschetto, una volpe che aveva rubato allontana molti polli dai vicini posatoi.

Avvolto il suo corpo con fieno e paglia, gli diede fuoco e lasciò libera la volpe. L'animale, per evitare le fiamme, si portò al mais in piedi che era poi pronto per la falce; e il vento, spingendo le fiamme con doppia violenza, si consumavano dappertutto i raccolti. Sebbene questa transazione sia passata da tempo, ne rimane ancora la commemorazione; poiché, per una legge di questa città, ogni volpe che viene presa viene bruciata viva. Così la nazione assegna alle volpi la punizione di essere bruciate vive, per la distruzione del grano maturo precedentemente provocata da uno di questi animali".

Sia Serrarius che Bochart rifiutano questa origine dell'usanza data da Ovidio; e insistono sul fatto che l'usanza abbia avuto origine dall'incendio del grano dei Filistei da parte delle volpi di Sansone. L'origine attribuita all'usanza dai Carseoli la considerano troppo frivola e poco importante per essere commemorata da una festa nazionale. L'ora dell'osservazione non si accorda con l'epoca del raccolto a Roma e in Italia, ma si accorda perfettamente con l'epoca del raccolto in Palestina, che era almeno già ad aprile. Né la circostanza della volpe avvolta nel fieno e lasciata libera, dato che il fieno viene dato alle fiamme, ha alcuna somiglianza con le volpi lasciate libere nel circo con i marchi accesi sul dorso.

Questi dotti quindi concludono che è molto più naturale supporre che i Romani abbiano derivato l'usanza dalla Giudea, dove probabilmente l'incendio del grano dei Filistei potrebbe essere stato annualmente commemorato per qualche tempo.

L'intero racconto è certamente molto singolare, e non trova una soluzione molto soddisfacente nel racconto del vecchio, come riferito dal poeta romano.

Tutte le istituzioni pubbliche hanno avuto la loro origine nei fatti; e se, per il trascorrere del tempo o per la perdita di registrazioni, i fatti originari sono andati perduti, possiamo legittimamente cercarli nei casi in cui vi sia una somiglianza così vicina come in quello sopra.

Commento alla Bibbia, di Adam Clarke [1831].

Continua dopo la pubblicità
Continua dopo la pubblicità