E alla dedicazione delle mura di Gerusalemme cercarono i Leviti da tutti i loro luoghi, per condurli a Gerusalemme, per celebrare la dedicazione con gioia, sia con ringraziamenti, sia con canti, con cembali, salteri e con arpe. Alla dedicazione del muro - Mandò a chiamare i Leviti da tutte le parti, affinché questa dedica fosse il più solenne e maestosa possibile; ed è probabile che ciò sia stato fatto non appena conveniente dopo che le mura furono terminate.

La dedicazione sembra consistesse in processioni delle persone più eminenti intorno alle mura, e ringraziamenti a Dio, che aveva permesso loro di portare a così felice conclusione l'opera: e senza dubbio a tutto ciò si aggiunse una particolare consacrazione della città a Dio, e l'invocazione più sincera che lo prendesse sotto la sua cura custode, e difendesse esso ei suoi abitanti contro tutti i loro nemici.

Gli antichi consacravano le loro città agli dei e le stesse mura erano considerate sacre. Ovidio ci dà conto delle cerimonie usate per gettare le fondamenta delle mura della città di Roma, da Romolo. Dopo essersi consultati insieme su chi dovesse dare il nome alla città, e avere la direzione del muro con cui era necessario circondarla, convennero che il caso fosse deciso dal volo degli uccelli.

Un fratello andò sulla cima del Mons Palatinus, l'altro su quella dell'Aventino. Romolo vide dodici uccelli, Remo ne vide solo sei; il primo, quindi, d'accordo, ha preso il comando. Il poeta descrive così le cerimonie usate per l'occasione: -

Apta dies legitur, qua moenia signet aratro;

Sacra Palis suberante; inde movetur opus.

Fossa fit ad solidum: fruges jaciuntur in ima.

Et de vicino terra petita solo

Fossa repletur humo, plenaeque imponitur ara;

Et novus accenso finditur igne focus.

Inde, premens stivam, designat moenia sulco;

Alba jugum niveo cum bove vacca tulit.

Vox tuit haec regis; Condenti Giove urbem,

Et genitor Mavors, Vestaque mater ades:

Quosque pium est adhibere deos, advertite cuncti:

Auspicibus vobis hoc mihi surgat opus.

Longa sit huic aetas, dominaeque potentia terrae:

Sitque sub hac oriens occiduusque muore! Ille precabatur.

Ovidio, Veloce. lib. iv., vers. 819.

"Si sceglie un giorno adatto in cui può segnare le pareti con l'aratro: la festa di Pales era vicina quando si iniziò il lavoro. Un fossato viene scavato fino all'argilla solida, nella quale gettano i frutti della stagione Prendete della terra dal terreno vicino, con la quale riempiono la fossa, e su di essa edificate un altare, con le cui fiamme viene spaccato il focolare appena fatto. Allora Romolo, afferrato l'aratro, che una giovenca bianca aggiogava con un nevoso il toro si trascinava, tracciava con un solco i muri.

E così parlò il re: 'O Giove, e padre Marte, con Matrona Vesta, mi prosperi nel fondare questa città! E tutti voi dèi, avvicinatevi a chiunque è giusto invocare! Sotto i tuoi auspici possa sorgere il lavoro; possa durare per innumerevoli secoli, ed essere la padrona del mondo; e che l'Oriente e l'Occidente siano sotto il suo controllo!». Così ha pregato».

Quanto sopra è una versione letterale, e l'account non è poco curioso.

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