Io sarò come rugiada per Israele: crescerà come il giglio e metterà le sue radici come il Libano. Sarò rugiada per Israele - Su queste metafore mi avvalgo volentieri delle eleganti e giuste osservazioni di Bp. Basso. "Questi versetti ( Osea 14:5 ) contengono graziose promesse del favore di Dio e delle benedizioni sulla conversione di Israele.

Nel quinto verso è descritto da quel ristoro che copiose rugiade danno all'erba d'estate. Se consideriamo la natura del clima, e la necessità della rugiada in un paese così caldo, non solo per rinfrescare, ma anche per preservare la vita; se consideriamo anche la bellezza dei gigli orientali, la fragranza dei cedri che crescono sul Libano, il bell'aspetto che gli ulivi sparsi offrivano, la frescura esilarante causata dall'ombra di tali alberi e l'odore aromatico esalato dai cedri ; comprenderemo allora in parte la forza delle metafore qui impiegate dal profeta; ma nessuno può concepire la loro piena energia, finché non sente sia la mancanza, sia il vantaggio, dei particolari cui si fa riferimento in quel clima in cui scrisse il profeta." - Dodicesima e diciannovesima prelezione di Lowth;

Che gloriosa profezia! Che profeta meraviglioso! Quanto sublime, quanto energico, quanto giusto! Solo il grande profeta, Isaia, avrebbe potuto farlo meglio. E queste promesse non sono per Israele semplicemente secondo la carne; sono per tutto il popolo di Dio. Abbiamo molto e parte nella questione; Dio mette anche su di noi il suo amore. Qui il lettore deve provare un sentimento simile a quello del pastore in Virgilio, quando è stato rapito dall'elegia che il suo associato aveva composto sul loro amico defunto. La fraseologia e le metafore sono sorprendentemente simili; e perciò lo produrrò.

Racconto tuum carmen nobis, poeta divino,

Quale sopor fesses in gramine, quale per aestum

Dulcis aquae saliente sitim restuere rivo.

Nec calamis solum aequiparas, sed voce magistrum.

Fortunato puer! tu nunc eris alter ab illo.

Nos tamen haec quocunque modo tibi nostra vicissim

Dicemus, Daphninque tuum tollemus ad astra:

Daphnin ad astra feremus: amavit nos quoque Daphnis.

Virgilio. Ecl. v., ver. 45.

"O celeste poeta, così appare il tuo verso,

Così dolce, così affascinante per le mie orecchie rapite,

Quanto allo stanco mascalzone oppresso dalle preoccupazioni,

Sotto l'ombra silvestre, riposo ristoratore;

Quanto al viaggiatore febbricitante, quando prima

Trova un ruscello di cristallo per dissetarsi.

Nel canto, come nel flauto, eccelli;

E raramente il tuo maestro potrebbe esibirsi così bene.

O giovanotto fortunato! almeno il tuo lay

Sono accanto al suo, e rivendicano la seconda lode.

Così come sono, mi unisco alle mie canzoni rurali

Per elevare la tua Dafni ai poteri divini;

Perché Dafni era mia amica, oltre che tua".

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