Quest'uomo bestemmia. — Le parole non erano altro che un'eco dell'accusa che era stata portata a Gerusalemme, che "si fece uguale a Dio" ( Giovanni 5:18 ), e potrebbe benissimo provenire da alcuni degli stessi obiettori. San Marco e San Luca danno il fondamento della loro accusa: “Cos'è questo che parla così quest'Uomo? Chi può perdonare i peccati se non Uno, cioè Dio?" Parlando in modo astratto, affermavano uno dei primi principi di ogni vera fede religiosa.

Tutti i peccati sono offese contro Dio, e quindi, sebbene gli uomini possano perdonare i peccati per quanto li riguarda, l'ultimo atto del perdono appartiene solo a Dio; e per un semplice uomo, in quanto tale, rivendicare il diritto di perdonare in modo così assoluto, significava rivendicare un attributo divino, e quindi bestemmiare, cioè pronunciare parole tanto denigratorie quanto l'aperta profanazione alla maestà di Dio.

Quello che hanno dimenticato di prendere in considerazione era la possibilità (1) che Dio potesse finora delegare il Suo potere ai Suoi servi scelti che, su prove sufficienti di tale delega, potessero giustamente dichiarare che i peccati erano perdonati; o (2) che il Maestro stesso possa essere uno con Dio, e così condividere le Sue perfezioni e prerogative. Su una di queste ipotesi l'accusa di blasfemia fu pienamente esaudita, e il peccato degli scribi consistette nell'aver ignorato il fatto che aveva dato prova sufficiente della prima, se non anche della seconda.

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