CAPITOLO 3:19 ( Marco 3:19 )

L'APOSTOLO GIUDA

"E Giuda Iscariota, che lo tradì anche lui". Marco 3:19 (RV)

IL valore probatorio di quanto è stato scritto sugli apostoli sembrerà, ad alcuni, sopraffatto dalle difficoltà che sorgono dal nome di Giuda. Eppure il fatto che Gesù lo abbia scelto - quel fatto terribile che ha offeso molti - è in armonia con tutto ciò che vediamo intorno a noi, con i prodigiosi poteri conferiti a Napoleone e Voltaire, conferiti con piena consapevolezza degli oscuri risultati, eppure dato perché le questioni del libero arbitrio umano non cancellano mai i trust imposti alla responsabilità umana.

Pertanto le questioni del libero arbitrio di Giuda non cancellarono la fiducia imposta alla sua responsabilità; e Gesù agì non sulla sua prescienza del futuro, ma sulle potenti possibilità, nel bene e nel male, che si sollevavano nel seno dell'uomo predestinato mentre si trovava sul prato della montagna.

Nella storia di Giuda, i principi che governano il mondo sono resi visibili. Da Adamo fino ad oggi ci si è fidati degli uomini che hanno fallito e sono caduti, e dalla loro stessa rovina, ma senza precipitarla, i piani di Dio si sono evoluti.

Non è possibile fare un tale studio del carattere di Giuda come di alcuni altri dei Dodici. Un traditore è naturalmente taciturno. Nessuna sua parola attira la nostra attenzione sul fatto che si fosse impossessato della borsa, anche se uno che si era seduto alla ricezione della consuetudine avrebbe potuto più naturalmente diventare il tesoriere. Non sentiamo la sua voce al di sopra degli altri, finché San Giovanni non spiega la fonte del malcontento generale, che protestava contro lo spreco di unguento.

Egli tace anche alla festa, nonostante le parole che hanno rivelato il suo colpevole segreto, finché non gli viene estorta una domanda lenta e tardiva, non "Sono io, Signore?" ma "Rabbì, sono io?" La sua influenza è come quella di un sottile veleno, non percepibile finché i suoi effetti non lo tradiscono.

Ma molte parole di Gesù acquistano nuova forza ed energia quando osserviamo che, qualunque fosse la loro deriva, erano chiaramente calcolate per influenzare e mettere in guardia Iscariota. Tali sono i ripetuti e urgenti ammonimenti contro la cupidigia, dalla prima parabola, detta così poco dopo la sua vocazione, che annovera l'inganno delle ricchezze e la concupiscenza delle altre cose tra le zizzanie che soffocano il seme, fino alla dichiarazione che coloro che confidano nella ricchezza difficilmente entrerà nel regno.

Tali sono le denunce contro l'ipocrisia, dette apertamente, come nel Discorso della Montagna, o ai suoi a parte, come quando li avvertì del lievito dei farisei che è l'ipocrisia, quel vizio segreto che stava divorando l'anima di uno tra loro. Tali erano le opportunità date per ricostruire senza totale disonore, come quando disse: "Volete andarvene anche voi? Non ho scelto voi i Dodici, e uno di voi è un diavolo?" ( Giovanni 6:67 ; Giovanni 6:70 ).

E tali erano anche i terribili avvertimenti dati sulle solenni responsabilità di privilegi speciali. La città esaltata che viene portata all'inferno, il sale che viene calpestato, gli uomini il cui peccato è rimasto perché possono pretendere di vedere, e ancora più chiaramente, il primo che sarà l'ultimo e l'uomo per il quale è stato bene che non era nato. In molti, oltre all'ultimo, Giuda deve essersi sentito severo perché trattato fedelmente. E l'esasperazione che deriva sempre dagli avvertimenti respinti, il senso di una presenza assolutamente ripugnante alla sua natura, può aver largamente contribuito al suo ultimo e disastroso crollo.

Nella vita di Giuda c'era una misteriosa rappresentazione di tutte le tendenze dell'ebraismo senza Dio, e la sua terribile personalità sembra esprimere l'intero movimento della nazione che rifiutava Cristo. Lo vediamo nella potente attrazione provata verso il Messia prima che i suoi scopi fossero compresi, nel mortale estraniamento e ostilità che furono accesi dai modi gentili e schivi di Gesù, nel tradimento di Giuda nel giardino e nell'astuzia senza scrupoli del sacerdoti che accusano Cristo davanti al governatore, nella feroce intensità della rabbia che ha rivolto le sue mani contro di sé e che ha distrutto la nazione sotto Tito.

Anzi, la stessa sordidezza che ha fatto un affare per trenta denari è da allora parte della concezione popolare della razza. Siamo inclini a pensare a un grossolano amore per il denaro come incompatibile con un'intensa passione, ma in Shylock, il compatriota di Giuda, Shakespeare combina i due.

Contemplando questa funesta e sinistra carriera, si è impressa nella coscienza la lezione che da quando Giuda cadde per trasgressione, nessun posto nella Chiesa di Cristo può rendere sicuro alcuno. E siccome, cadendo, fu apertamente smascherato, nessuno si può lusingare che la causa di Cristo sia legata alla sua riputazione, che sia necessario scongiurare il male che la sua rovina comporterebbe, che la Provvidenza debba necessariamente sottrargli le punizioni naturali di fare il male. Sebbene uno fosse come il sigillo sulla mano del Signore, tuttavia fu strappato di là. Non c'è sicurezza per nessuna anima da nessuna parte tranne dove l'amore e la fiducia riposano, sul seno di Cristo.

Ora, se ciò è vero, e se il peccato e lo scandalo possono concepirsi penetrare anche nell'intimo cerchio degli eletti, quanto è errore spezzare, a causa di queste offese, l'unità della Chiesa, e istituire una qualche nuova comunione, quanto più pura delle Chiese di Corinto e di Galazia, che non furono abbandonate ma riformate, e più impenetrabili alla corruzione del piccolo gruppo di coloro che mangiavano e bevevano con Gesù.

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