Ma quando Cefa, ecc.[1] Nella maggior parte delle copie greche leggiamo Petrus, sia qui che ver. 13. Né vi sono motivi sufficienti, né tantomeno probabili per giudicare che Cefa qui menzionato fosse diverso da Pietro, il principe degli apostoli, come farebbero credere uno o due autori posteriori. Tra coloro che credevano Cefa diverso da Pietro, nessuno può essere nominato nei primi secoli [secoli], tranne Clemens di Alessandria, le cui opere furono rifiutate come apocrife da papa Gelasio.

L'autore successivo è Doroteo di Tiro, nel suo Catalogo dei settantadue discepoli, nella quarta o quinta età [secolo], e dopo di lui lo stesso, o stesso catalogo, nella settima età [secolo], nella Cronaca, chiamato d'Alessandria, nessuno dei quali ha alcuna autorità presso i dotti, sicché in ambedue si trovano tante evidenti colpe e falsità. Dice infatti san Girolamo in questo luogo che vi furono alcuni (sebbene non ritenga opportuno nominarli) che erano di tale opinione; ma allo stesso tempo S.

Jerome lo ridicolizza e lo rifiuta come infondato. Ora, quanto agli autori che fanno di Cefa lo stesso con san Pietro, principe degli apostoli, abbiamo quello che si può chiamare il consenso ineccepibile e unanime degli antichi padri e dottori della Chiesa cattolica, come di Tertulliano, che chiama questa gestione di San Pietro, colpa della conversazione, non della predicazione o della dottrina. Di S. Cipriano, di Origene, di Alessandro, di Teodoreto, di papa Gelasio, di Pelagio II, di S.

Anselmo, San Tommaso d'Aquino. In epoche successive, di Bellarmino, Baronio, Binio, Spondan, di Salmerone, Estius, Gagneius, Tirinus, Menochius, Alex natalis, e moltissimi altri: tanto che Cornelio a Lapide in questo luogo dice, che la Chiesa non sa, né celebra qualsiasi altro Cefa tranne San Pietro. Tertulliano e la maggior parte degli interpreti prendono atto che la colpa di San Pietro era solo un peccato minore o veniale nella sua condotta e conversazione.

Non ha fatto San Paolo in diverse occasioni lo stesso, come è qui posto a carico di San Pietro? cioè praticare le cerimonie ebraiche: non circoncise poi Timoteo, an. 52 [nell'anno 52 dC]? non si è rasato la testa a Cencrea, an. 54? non si è purificato con i Giudei nel tempio, per consiglio di san Giacomo (an. 58.), per non offenderli? San Girolamo, e anche S.

Giovanni Crisostomo,[2] fornisce un'altra esposizione di questo passaggio. Ritenevano che tutto questo fosse stato fatto da un espediente e da una collusione tra questi due apostoli, i quali avevano preventivamente convenuto che san Pietro si lasciasse rimproverare da san Paolo, (per questo essi ritengono essere significato dal testo greco ) e non che san Pietro fosse riprovevole; [3] affinché i Giudei, vedendo san Pietro pubblicamente biasimato, e non giustificandosi, mangino in futuro con i Gentili.

Ma sant'Agostino si oppose vigorosamente a questa esposizione di san Girolamo, in quanto meno coerente con una sincerità cristiana e apostolica, e con il testo di questo capitolo, dove si chiama dissimulazione, e che Cefa o Pietro non camminavano rettamente verso la verità di il Vangelo. Dopo una lunga disputa tra questi due dottori, San Girolamo sembra aver ritrattato la sua opinione, e l'opinione di San Girolamo.

Agostino è comunemente seguito, che San Pietro si sia reso colpevole di una veniale colpa di imprudenza. Nel frattempo, nessun cattolico nega che il capo della Chiesa possa essere colpevole anche di grandi peccati. Ciò che dobbiamo ammirare, è l'umiltà di san Pietro in questa occasione, come osserva san Cipriano[4], che prese così mite il rimprovero, senza addurre il primato, che Nostro Signore gli aveva dato. Baronio riteneva che S.

Pietro non peccò affatto, il che può essere vero, se consideriamo solo la sua intenzione, che era quella di non offendere gli ebrei convertiti; ma se esaminiamo il fatto, difficilmente può essere scusato da una veniale indiscrezione. (Witham) --- Ho resistito, ecc. La colpa che qui si nota nella condotta di san Pietro, fu solo una certa imprudenza, nel ritirarsi dalla mensa dei pagani, per timore di offendere gli ebrei convertiti: ma ciò in tali circostanze, quando così facendo potrebbe essere di cattiva conseguenza per i Gentili, che potrebbero essere indotti da ciò a ritenersi obbligati a conformarsi al modo di vivere ebraico, a pregiudizio della loro libertà cristiana.

Né San Paolo gli rimproverava alcun argomento contro la sua supremazia; poiché in tali casi un inferiore può, e talvolta deve, con rispetto, ammonire il suo superiore. (Sfidante)

[BIBLIOGRAFIA]

Che Pietro e Cefa fossero la stessa cosa, vedi Tertulliano, lib. de prescrip. cap. 23, pag. 210. Ed. rig.; Origene in Giovanna. ed. Græce et Latine, p. 381.; San Cipriano, epista. 71. ad quintum, p. 120.; San Girolamo in questo Ep. ai Galati, come anche san Giovanni Crisostomo; Sant'Agostino. Vedi le sue epistole su questo passaggio a San Girolamo.; San Gregorio, lib. 2. in Ezech. tom. 1, pag. 1368.; Gelasius apud Labb. T. 4.

conc. P. 1217.; Pelagio, il 2d apud Labb. T. 5. pag. 622.; San Cirillo di Alessandria, hom. ix. cont. Giuliano, t. 6, pag. 325.; Teodoreto in 2. ad Gal. IV. 3. pag. 268.; Sant'Anselmo in 2 ad Gal. P. 236.; San Tommaso d'Aquino, lib. 2. q. 103. a. 4. ad 2dum. --- Parole di san Girolamo: Sunt qui Cepham non putent Apostolum Petrum, sed alium de 70 Discipulis....quibus primum respondendum, alterius nescio cujus Cephæ nescire nos nomen, nisi ejus, qui et in Evangelio, et in aliis Pauli Epistolis , et in hac quoque ipsa, modo Cephas, modo Petrus scribitur....deinde totum argumentum Epistolæ....huic intelligentiæ repugnare, &c.

[BIBLIOGRAFIA]

San Giovanni Crisostomo da un espediente, greco: eikonomon. P. 730, ecc.

[BIBLIOGRAFIA]

Greco: Kategnosmenos può significare reprehensus, così come reprehensibilis; e dice che è da riferire ad altri, e non a S. Paolo: Greco: all upo ton allon.

[BIBLIOGRAFIA]

San Cipriano, Ep. ad Quinto, p. 120. Petrus....non arrogante assumpsit, ut diceret se primatum tenere, &c.

Continua dopo la pubblicità
Continua dopo la pubblicità