Esortazione ai suoi discepoli e alla folla a non essere come gli scribi e i farisei, ma ad essere solo operatori e non uditori, e piuttosto ad essere umili e umili, trattandosi a vicenda come buoni se non migliori di se stessi (23:1- 12).

Il capitolo inizia con un'esortazione ai suoi discepoli e alle folle raccolte intorno a lui nel cortile del tempio. Vuole che siano chiari sul fatto che, incriminando gli scribi ei farisei come sta per fare, non condanna la Legge per la quale essi affermavano di sostenere. Piuttosto vuole che i suoi discepoli e le folle rispettino e adempiano quella Legge più fedelmente di quanto non abbiano fatto gli scribi e i farisei (cfr Matteo 5:17 ).

E soprattutto mette in guardia i suoi discepoli dal soccombere ai pericoli rivelati in ciò che in generale erano diventati gli scribi, uomini che guardavano dentro di sé e pieni di un senso di superiorità, di arroganza e della propria importanza. Vuole dunque mettere in guardia i discepoli dal pericolo di sentirsi superiori e di dominare gli altri. Quando tra poco siedono a Gerusalemme sui loro "troni di Davide" per servire il nuovo Israele ( Matteo 19:28), lo facciano come uguale a uguale, fratello con fratello e servo con servo, e non come potrebbe fare un "grande" a inferiori, o come potrebbe fare un padre con figli, o come potrebbe fare un padrone per servi. Aveva visto cosa aveva fatto agli scribi che da bambino aveva tanto ammirato, e sapeva quanto fosse necessario mettere in guardia i suoi discepoli contro di essa

Analisi.

a Allora Gesù parlò alla folla e ai suoi discepoli, dicendo: «Sul seggio di Mosè si siedono gli scribi ei farisei» ( Matteo 23:1 ).

b «Ogni cosa dunque, qualunque cosa vi dicano, costoro la fanno e la osservano, ma voi non la osservano secondo le loro opere, perché dicono e non fanno» ( Matteo 23:3 ).

c «Sì, legano pesi pesanti e gravosi da portare, e li pongono sulle spalle degli uomini, ma essi stessi non li muoveranno col dito» ( Matteo 23:4 ).

d «Ma tutte le loro opere le fanno per essere viste dagli uomini ( Matteo 23:5 a).

e “Poiché allargano i loro filatteri, allargano i lembi delle loro vesti, e amano il posto principale nelle feste, e i primi posti nelle sinagoghe, e i saluti nelle piazze, e per essere chiamato dagli uomini, Rabbi” ( Matteo 23:5 ).

e «Ma quanto a te, non ti chiamare rabbino, perché uno è il tuo maestro e tutti voi siete fratelli» ( Matteo 23:8 ).

d «E non chiamate nessuno vostro padre sulla terra, perché uno solo è vostro Padre, anche colui che è nei cieli» ( Matteo 23:9 ).

c «Né siete chiamati maestri, perché uno è il vostro padrone, il Cristo» ( Matteo 23:10 ).

b «Ma chi di voi è il più grande sarà vostro servitore» ( Matteo 23:11 ).

a «Chi si esalterà sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato» ( Matteo 23:12 ).

Si noti che in 'a' gli scribi ei farisei siedono con orgoglio sul trono di Mosè, ma in parallelo i discepoli devono piuttosto umiliarsi. In 'b' i suoi discepoli e le folle devono fare ciò che insegnano gli scribi, ma non ciò che fanno, e parallelamente loro stessi devono essere come servitori quando insegnano e fanno. In 'c' gli scribi e i farisei impongono pesanti fardelli sulle persone (come fanno i padroni ai loro schiavi) e non cercano di alleviarle, mentre in parallelo i suoi discepoli non devono vedersi padroni, ma riconoscere che solo Cristo è il loro Maestro.

In 'd' Gli scribi ei farisei desiderano essere visti dagli uomini, e parallelamente i discepoli devono guardare al loro Padre celeste per essere visti da Lui. Al centro in 'e' e nel suo parallelo i suoi discepoli non devono glorificare se stessi o desiderare di essere chiamati 'Rabbi', vedendosi come grandi Maestri. Devono piuttosto ricordarsi di camminare in tutta umiltà.

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