Non lasciate dunque regnare il peccato nel vostro corpo mortale, affinché gli obbediate nelle sue concupiscenze.

Non regni dunque il PECCATO (come se fosse ancora il tuo Signore) nel tuo corpo mortale, affinché tu gli obbedisca (peccato) nelle sue concupiscenze, cioè le concupiscenze del corpo, come il greco rende evidente х eis ( G1519 ) a ( G3588 ) hupakouein ( G5219 ) autee ( G846 ) en ( G1722 ) tais ( G3588 ) epithumiais ( G1939 ) autou ( G846 )].

Ma un'altra lettura ha piuttosto il supporto migliore, ed è probabilmente quella corretta: "che quindi dovreste obbedire alle concupiscenze" [omettendo autu. Si trova in 'Aleph (') ABC *, e alcuni pochi corsivi, nella Vulgata, il Peshito siriaco, i due egiziani e alcune altre versioni, saranno diversi padri, adottati da Lachman, Tischendorf e Tregelles e approvati da DeWette, Meyer, ecc. La lettura ricevuta è supportata da C *** (un correttore del IX secolo circa), KL, diversi corsivi, il siriaco filosseno, e una o due versioni successive, e la maggior parte dei padri greci.

C'è qualche autorità, sebbene inferiore, per omettere tais ( G3588 ) epithumiais ( G1939 ) e alcuni, sebbene meno ancora, per fermarsi a hupakouein ( G5219 ) - omettere autou ( G846 ).] Il senso, tuttavia, è lo stesso.

Il "corpo" è qui visto come lo strumento mediante il quale tutti i peccati del cuore diventano fatti della vita esteriore, e come la sede degli appetiti inferiori; ed è chiamato "il nostro corpo mortale" - non tanto per rallegrarci al pensiero di quanto presto lo avremo fatto (come alcuni), tanto meno per avvertirci di quanto siano di breve durata i piaceri del peccato (come altri ), ma-probabilmente per ricordarci quanto sia inadatto il regno del peccato in coloro che sono "vivi dai morti". Ma il regno qui inteso è il dominio incontrollato del peccato dentro di noi. Si fa poi riferimento ai suoi atti esteriori.

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