2 Pietro 1:5

La serie d'oro.

I. Non è una grazia che fa un cristiano. Un uomo può avere una grande conoscenza, ma se vuole la carità non giova a nulla, oppure se è un uomo coraggioso, ma senza pietà, è un eroe, ma non è un santo.

II. Né tante eccellenze unite fanno cristiano, a meno che non siano eccellenze aggiunte alla fede. È la fede che rende viva l'anima morta, e così suscettibile di ogni eccellenza. È la fede che unisce il mondano al Signore Gesù, e così lo rende concorde con il Salvatore e incline a ogni bene. Qualunque corso ci possa essere nella struttura, la fede è il fondamento; qualunque sfumatura di splendore possa variegare la veste di molti colori, la fede è il mordente che tutti li assorbe e li fissa; qualunque grazia si muova nel coro armonioso, la fede occupa il primo posto ed è la guida di tutte.

III. Ma dove c'è fede tutto ciò che è necessario per possedere qualsiasi altra grazia è la diligenza. Dare tutta la diligenza e aggiungere. Da un lato, la diligenza è necessaria. Queste grazie non verranno senza sforzo, né rimarranno senza cultura, e ve ne sono alcune in cui i cristiani particolari non si fanno mai vedere; ma, con la benedizione di Dio e l'aiuto del Suo Spirito Santo, la diligenza avrà sicuramente successo.

Il valore morale può essere paragonato a uno di quegli alti monti sui cui versanti c'è un solo sentiero percorribile, in altre parole, che si può scalare solo partendo dal proprio punto di partenza. Altri pendii possono sembrare più dolci e invitanti, ma finiscono in voragini impraticabili o precipizi impraticabili. Ma l'uomo che parte dal Vangelo, che si mette in cammino nel nome e nella forza del Signore Gesù non c'è ascesa della temperanza, della benevolenza fraterna o della pietà così ripida, ma può un giorno trovarsi sulla vertice. E con la metà dello sforzo che alcuni spendono per diventare ricchi o istruiti, tutti noi potremmo diventare santi, devoti e di mente celeste.

J. Hamilton, Opere, vol. v., pag. 329.

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