Salmi 141:7

Il testo presenta tre contrasti, che faremo bene a considerare.

I. La nostra unione con le generazioni passate e l'intensa realtà della nostra vita presente. Osserva l'uso della parola "nostro": "Le nostre ossa sono sparse alla bocca della tomba". Guarda le ossa e parla come se fossero in parte sue, come se appartenessero in parte a uomini vivi. Si identifica con le generazioni passate. Questa vita umana che stiamo vivendo ora non è una cosa nuova. È vecchio, molto vecchio.

Dalle ossa sparse il salmista apprese l'intensità. "I miei occhi sono verso di te, o Dio, il Signore". L'uomo che tiene lo sguardo rivolto a Dio sente la vita nuova e fresca, sebbene le ossa di molte generazioni siano sparse intorno a lui.

II. Nel testo vediamo la piccolezza e la grandezza dell'uomo. Le ossa sparse proclamano la piccolezza dell'uomo. Guarda indietro alle età; gli uomini si alzano e svaniscono come bolle su un ruscello. L'uomo è debole, molto debole e meschino. Eppure quando penso all'uomo nella sua debolezza volgendo gli occhi al Dio infinito, quando penso che l'uomo può pensare a Uno sconfinato e perfetto, quell'uomo lo guarda, che ha un occhio che vede il Dio invisibile, che lui rivendica la società del Creatore di tutti i mondi ed è irrequieto finché non lo trova, allora vedo la grandezza dell'uomo.

Non c'è niente di più ampio o più alto che guardare a Dio e all'eternità. La tomba è la prova della debolezza dell'uomo; ma un essere che può scrivere sulla tomba: "Non è morto, ma dorme", non è meschino.

III. Il testo presenta una prospettiva malinconica e un'elevazione al di sopra di essa. La prospettiva davanti a tutti noi è questa: tra poco le nostre ossa saranno sparse intorno alla bocca della tomba. Dovremmo contemplare fermamente il fatto, perché se non lo facciamo, non sentiremo la necessità di elevarci al di sopra della prospettiva con pensieri più elevati. C'è un solo rimedio, un antidoto, un mezzo per vincere tutti i pensieri di questo genere; e il testo lo presenta: "I miei occhi sono per te, o Dio Signore".

J. Leckie, Sermoni predicati a Ibrox, p. 275.

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