Ho rivestito la giustizia, ed essa mi ha vestito: il mio giudizio [era] come una veste e un diadema.

ver. 14. Ho rivestito la rettitudine, e questo mi ha vestito ] Non erano l'ambizione, la popolarità o l'interesse personale a porre Giobbe su queste e le seguenti buone pratiche e procedure, ma la cura che aveva di assolvere la sua fiducia e il puro amore ha rivelato alla giustizia e alla rettitudine, Fontem horum officiorum aperit (Merlino). Perché sebbene desiderasse più essere amato che onorato, come si dice di Traiano imperatore, tuttavia non voleva fare nulla di popolarità o parzialità, contorcendosi o deformandosi, ma conservava la gravità della legge; che è un cuore senza affetto, un occhio senza lussuria, una mente senza passione, un tesoriere che custodisce per ogni uomo ciò che ha e distribuisce a ciascuno ciò che deve avere, Fιλουμενος μαλλον η πιμωμενος εχαιρε (Dio).

Giobbe si rivestì della giustizia, e questa si rivestì di lui; così ce l'ha l'ebraico. Con tale similitudine dichiara di non poter essere attratto dal fare giustizia, come potrebbe andare all'estero senza i suoi vestiti, o lasciarglieli strappare, Declinatione et detorsione iudicii (Merlino).

Il mio giudizio era come una veste e un diadema ] La giustizia è quella con cui viene consegnato l'innocente, il giudizio è quella con cui viene punito il colpevole, dice Brenzio. Con essi Giobbe fu vestito e adornato molto meglio di Alcistene il Sibarita col suo mantello, venduto da Dionisio ai Cartaginesi per centoventi talenti (Ateneo); o Hanun con il suo diadema d'oro massiccio, "il cui peso era un talento d'oro con pietre preziose", 2 Samuele 12:30 .

Alcuni giudici non hanno altro da lodarli che le loro vesti, che sono spesso foderate di rapine e rapine. Così non erano di Giobbe; se ne serviva come fece il vecchio Eleazar della sua raucedine, non avrebbe fatto nulla che potesse sembrare malvagio, perché non avrebbe macchiato la sua testa bianca; non più Giobbe, per non macchiare la sua porpora, disonorare il suo diadema. Sapeva che dignitas in indigno est ornamentum in luto, il governo senza rettitudine non è che eminente disonore (salviano).

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