Quando ebbero mandato alla casa di Dio Sherezer e Regemmelech, e i loro uomini, a pregare davanti al SIGNORE,

ver. 2. Quando avevano inviato ] Loro? chi? Non i principi di Persia, che ora erano proseliti, come avrebbero voluto i vanitosi gloriosi ebrei (e dopo di loro Haymo e Hugo), per l'onore della loro nazione, né i samaritani (come alcuni in Teodoreto sostenevano), come sembravano giudaizzare in parte, per unire cerimonie ebraiche a riti pagani; ma o gli ebrei rimasti a Babilonia, come concepisce Calvino (incolpandoli della loro pigrizia nel non tornare quando avrebbero potuto, e tuttavia lodandoli per questo, che non avevano abbandonato ogni cura del sincero servizio di Dio), oppure l'intera il corpo degli ebrei tornò, come decide Junius; o, infine, qualche uomo particolare non nominato, che viene introdotto, Zaccaria 7:3, dicendo: "Dovrei piangere nel quinto mese, separandomi", ecc. Ma questa può essere un'analogia ordinaria, il singolare per il plurale; tanto più che l'ambasciata fu mandata a nome di tutta la congregazione.

Alla casa di Dio ] Non a Betel, come qui traduce la Settanta, né da Betel (come il Caldeo), sebbene sia migliore della prima e più probabile; ma alla casa di Dio, cioè al tempio, che ormai era quasi finito; e ciò diede occasione alla domanda qui proposta.

Sherezer e Regemmelech e i loro uomini ] Cioè, il loro ceppo: perché erano uomini di rango e di moda; com'era opportuno, avrebbero dovuto svolgere un impiego così pesante. E qui i Settanta, con la loro corrotta traduzione del testo, hanno provocato una strana spirale tra coloro che si sforzano di difenderli. Si dice che tradussero contro la loro volontà; e quindi che cosa possiamo aspettarci da loro se non un fare scivoloso? È certissimo che la loro traduzione che abbiamo ora è piena di errori; e che pervertono varie chiare profezie riguardo a Gesù Cristo, e hanno causato molti errori, essendo essi stessi molte volte gravemente in errore, come qui; a meno che non lo abbiano fatto volontariamente.

Alcuni dotti pensano che la Settanta che abbiamo ora non sia loro. Fu bruciato da Diocleziano (come alcuni sostengono) nella biblioteca di Alessandria, o (come altri) da Giulio Cesare, quando bruciò Serapione.

Pregare davanti al Signore ] Ebr. supplicare il volto del Signore, sc. con preghiere e sacrifici nel modo più solenne. L'ebraico significa propriamente affaticare il Signore con le preghiere, impadronirsi di lui con la massima importunità, non dargli tregua finché non si arrende, esortarlo (come fecero il profeta, 2Re 2:17) finché non si vergogni a negare, finché non lo facciamo arrossire, o non gli lasciamo una macchia in faccia (come lei, Lc 18:5), a meno che non possiamo prevalere. Questo deve essere fatto, specialmente quando dobbiamo conversare con i profeti su affari dell'anima, casi di coscienza.

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