Ma io sono povero e bisognoso - Più letteralmente, "Sono afflitto e povero". La lingua descriverebbe la condizione di chi era afflitto ed era allo stesso tempo povero; di uno che non aveva altra risorsa che in Dio, e che attraversava scene di povertà e di dolore. Ci sono stati indubbiamente momenti nella vita di Davide a cui questo linguaggio sarebbe stato applicabile; ma sarebbe molto più applicabile alle circostanze in cui si trovava il Redentore; e, secondo l'interpretazione che è stata data delle altre parti del salmo, suppongo che questo sia destinato a rappresentare la sua condizione afflitta e umile di uomo di povertà e dolore.

Eppure il Signore pensa a me - Il Signore ha cura di me; non mi ha dimenticato. L'uomo mi abbandona, ma non lo farà. L'uomo mi lascia alla povertà e al dolore, ma non lo farà. Quanto era vero questo del Redentore, che il Signore, il Padre delle misericordie; pensato su di lui, non è necessario ora dirlo; né si può dubitare che nei pesanti dolori della sua vita questo fosse fonte di abituale consolazione. Anche per gli altri - per tutti i suoi amici - questo è fonte di indicibile conforto.

Essere oggetto dei pensieri di Dio; da avere nella sua mente; essere costantemente nel suo ricordo; per essere certo che non ci abbandonerà nei nostri guai; essere certi nella nostra mente che uno così grande come Dio è - l'Uno infinito ed eterno - non cesserà mai di pensare a noi, può benissimo sostenerci in tutte le prove della vita. Poco importa chi ci abbandona, se non lo fa; sarebbe di scarso vantaggio per noi che pensassimo a noi, se non lo facesse.

Tu sei il mio aiuto e il mio liberatore - Implicando la massima fiducia. Vedi le note a Salmi 18:2 .

Non indugiare , o mio Dio - Non indugiare o ritardare nel coniare in mio aiuto. Il salmo si chiude con questa preghiera. Applicato al Redentore, indica una forte fiducia in Dio in mezzo alle sue afflizioni e dolori, con fervida supplica, proveniente dal profondo di quei dolori, che Dio si interponga per lui. La visione del salmista non si estendeva qui oltre. Il suo occhio si posò su un Messia sofferente - afflitto, schiacciato, spezzato, abbandonato - con tutti i dolori connessi all'opera della redenzione umana, e tutti i dolori espressivi del male del peccato che si accalcavano su di lui, eppure fiducioso in Dio, e trovando la sua ultima consolazione nel sentire che Dio “pensava” a lui, e nella certezza che alla fine non lo avrebbe abbandonato.

C'è qualcosa di delizioso, sebbene pensieroso, nella chiusura del salmo. L'ultima preghiera del sofferente - la supplica fiduciosa e sincera - indugia sull'orecchio, e ci sembra quasi di contemplare il Sofferente nella profondità dei suoi dolori, e nell'intensità della sua supplica, guardando con calma a Dio come Uno che " pensato” su di lui quando tutti gli altri lo avevano dimenticato; come un ultimo e sicuro rifugio quando ogni altro rifugio era fallito. Così, nei nostri dolori, possiamo sdraiarci davanti al trono, guardando con calma a Dio con la sensazione di non essere dimenticati; che c'è Uno che “pensa” a noi; e che è nostro privilegio pregarlo che si affretti a liberarci.

Tutto il dolore può essere sopportato quando sentiamo che Dio non ci ha dimenticato; possiamo essere calmi quando tutto il mondo ci abbandona, se possiamo essere certi che il grande e benedetto Dio pensa a noi e non smetterà mai di ricordarci.

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