Paolo, apostolo di Gesù Cristo per volontà di Dio. — Come nelle lettere ai Corinzi, agli Efesini e ai Colossesi, attribuisce il suo apostolato alla volontà sovrana e all'elezione di Dio. Al di là di ogni merito o opera propria, Dio lo scelse per l'ufficio. Non lo aspirava né lo desiderava. Il riferimento alla Volontà Onnipotente in questa Epistola è singolarmente in sintonia con lo spirito di serena rassegnazione che vi si respira.

Fu quella volontà sovrana che lo scelse come apostolo, che lo guidò lungo tutta quella sua vita movimentata, e che lo portò al carcere di Cesare, dove, faccia a faccia con la morte, scrisse quest'ultima lettera all'amico e discepolo Timoteo.

Secondo la promessa di vita che è in Cristo Gesù. — La parola greca resa “secondo” dovrebbe qui essere tradotta “per la promessa della vita”. Questa preposizione qui denota l'oggetto o l'intenzione della sua nomina ad apostolo, che doveva far conoscere, pubblicare all'estero, la promessa della vita eterna. Quasi le prime parole di un'Epistola, scritta evidentemente in attesa della morte, si soffermano sulla promessa della vita — la vita che non conosce fine — la vita in Cristo.

Il punto centrale di tutta la predicazione evangelica era la vita vera, beata, eterna, quella vita che, nella persona del Redentore, si è rivelata all'uomo, e che, per mezzo del Redentore, è offerta al peccatore.

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