E a mezzanotte Paolo e Sila pregarono e cantarono lodi. — Meglio, pregando, cantavano inni, i greci esprimevano un atto anziché due. L'atto era, possiamo credere, abituale, e non lo interrompevano nemmeno nella prigione, e allacciati com'erano, così che non potevano inginocchiarsi. L'inno potrebbe essere stato uno dei salmi-preghiera di Davide, o forse uno di quelli, di cui parla Plinio nelle sue lettere, e che potrebbe essere stato in uso mezzo secolo prima, in cui gli uomini offrivano adorazione a Cristo come Dio ( Epist.

X. 96). Si possono ben citare le parole di Tertulliano ai martiri del suo tempo: Nihil crus sentit in nervo quum animus in cælo est; Etsi corpus detinetur, omnia spiritui patent — “La gamba non sente i ceppi quando la mente è in cielo. Benché il corpo sia tenuto fermo, tutte le cose sono aperte nello spirito» ( ad Mart. c. 2).

E i prigionieri li udirono. — Meglio, ascoltavano avidamente, il tipo di ascolto che gli uomini danno a un'esecuzione musicale. Mai prima d'ora, possiamo esserne certi, quegli emarginati e criminali avevano sentito suoni simili in un posto simile. Per la maggior parte quelle volte risuonavano solo di imprecazioni selvagge e scherzi ripugnanti.

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