Ecco il mio servo. — Il misterioso “servo del Signore”, che è la figura centrale dell'ultima parte delle profezie di Isaia, appare ora come rappresentante della giustizia di Israele, ora dei suoi peccati, ora come colui che ha reso la sua testimonianza come profeta e messaggero di Dio, ora separato da tutti gli altri nella grandezza solitaria, o nella sofferenza ancora più solitaria. In ciascuno di questi aspetti le parole di Isaia hanno trovato nel Figlio dell'uomo il loro più alto compimento.

Riferendo queste parole al Messia, l'evangelista seguiva le orme della Parafrasi caldea, ma bisogna ricordare anche che le parole registrate come udite al Battesimo di Gesù (quasi verbalmente identiche a quelle della profezia ora citata) devono anche hanno suggerito l'applicazione, soprattutto in quanto connessa con la promessa, "Metterò il mio Spirito su di lui", che aveva poi ricevuto il suo compimento.

Giudicherà le genti. — La parola “giudizio” ha una vasta gamma di significati nell'ebraico di Isaia, e include l'opera di un re, come insegnamento, non meno che come esecuzione, giustizia. Finora, naturalmente, l'opera di predicazione del vangelo ai pagani non era ancora iniziata, ma san Matteo nota, per così dire, anticipatamente, lo spirito di amore e di dolcezza che, quando scrisse il suo Vangelo, aveva portato anche loro nell'ambito dei giudizi — cioè delle verità vivificanti — del giusto Giudice. È uno dei tanti casi in cui il suo resoconto, sebbene ovviamente scritto per gli ebrei, è ancora decisamente un Vangelo per i gentili.

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