E il Signore aprì la bocca dell'asino. — Molti critici, che ammettono il carattere miracoloso degli eventi registrati in questo e nei seguenti versi, mantengono il carattere soggettivo di alcuni degli incidenti e adducono argomenti per dimostrare che, mentre gli stessi risultati avrebbero potuto essere ottenuti in entrambi i modi , è più conforme all'analogia generale della Scrittura assegnare un'interpretazione soggettiva che oggettiva al linguaggio qui impiegato.

A proposito di questa interpretazione possono essere fatte le seguenti osservazioni: — (1) La coerenza richiede che l'intera narrazione debba essere interpretata oggettivamente o soggettivamente; e quindi, che se la voce dell'asino è interpretata come un'impressione soggettiva fatta sulla mente di Balaam, l'apparizione dell'angelo deve essere intesa allo stesso modo. In questo caso, tuttavia, sorge una difficoltà che è altrettanto grande, o maggiore, di quella che la teoria soggettiva dovrebbe rimuovere.

Se l'apparizione dell'angelo a Balaam era soggettiva, l'apparizione doveva essere soggettiva anche all'asino. In questo caso, d'altronde, si può giustamente sostenere che se la linea che divide la creazione intelligente da quella bruta viene trasgredita attribuendo all'asino un discorso articolato, tanto più quella linea viene trasgredita dal supporre che un'impressione sia stata prodotta in modo soggettivo. modo sulla mente dell'asino.

Ma (2) la vera questione in questione non è se i risultati registrati potrebbero essere stati raggiunti supponendo che gli incidenti debbano essere spiegati soggettivamente, ma qual è l'interpretazione che la narrazione stessa suggerisce e che le parole di San Pietro ( 2 Pietro 2:16 ) richiedono? Per quanto riguarda la narrazione in sé, non vi è alcun indizio dato che le sue rispettive parti devono essere interpretate diversamente; né è possibile, senza far violenza al suo significato ovvio, interpretarne alcune parti oggettivamente e altre parti soggettivamente; mentre per quanto riguarda la testimonianza di S.

Pietro, sarebbe impossibile concepire un'affermazione formulata in termini più direttamente indicativi di un fatto letterale di quanto segue: "L'asino muto, parlando con voce d'uomo, proibì la follia del profeta". Riguardo alle obiezioni che sono state mosse all'interpretazione letterale, fondata sull'assenza di qualsiasi espressione di sorpresa da parte di Balaam, e di qualsiasi allusione all'effetto prodotto sui principi moabiti e sui servi di Balaam, sarà sufficiente osservare (1) che qui, come altrove, nessuna giusta inferenza può essere tratta dal silenzio della Scrittura; e (2) che, come nel caso di coloro che erano con S.

Paolo mentre si recava a Damasco, non abbiamo modo di determinare, partendo dal presupposto della presenza di testimoni durante gli eventi miracolosi descritti, quale quantità di tali eventi possono aver visto e sentito. L'angelo era visibile, in primo luogo, solo all'asino. Allo stesso modo l'angelo può essere stato visibile solo a Balaam, non a quelli che erano con lui. Così anche per quanto riguarda la voce: forse era udibile solo da colui al quale era indirizzata.

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