2. LA TRIB DI LEVI

Numeri 1:47

La tribù di Levi non è contata con il resto. Al levita non si deve esigere alcun servizio bellicoso, né mezzo siclo per il santuario. Il suo contributo al bene generale deve essere di un altro tipo. Gli uomini di questa tribù, piantate le tende intorno al tabernacolo, proteggano il santuario da intrusioni disattente o maleducate, lo servano, si prendano cura delle sue parti e dei suoi arredi, lo smontano quando deve essere rimosso, lo rimontano quando un'altra tappa della marcia è finita.

In questo ordine è implicito che, sebbene secondo l'ideale della legge mosaica Israele dovesse essere una nazione santa, tuttavia la realtà è stata molto lontana da essa. "Il Signore parlò a Mosè, dicendo: Parla a tutta l'assemblea dei figli d'Israele e di' loro: Siate santi, perché io, il Signore, vostro Dio, sono santo". Levitico 19:1 viene dato questo comando di consacrazione.

Ma né nel deserto, né durante tutta la storia preesilica, né dopo che l'afflizione babilonese aveva epurato la nazione dall'idolatria, Israele era così santo che l'accesso al santuario poteva essere consentito agli uomini delle tribù. Piuttosto, col passare del tempo, divenne più evidente la necessità di una speciale consacrazione di coloro che erano vicini al tempio. Benché per statuto la tribù di Levi fosse ben prevista, non si può dire che la vita del levita fosse mai invidiabile dal punto di vista mondano; nel migliore dei casi era una specie di onorevole povertà.

Qualcos'altro che un semplice mestiere sacerdotale sosteneva il sistema che separava l'intera tribù; qualcos'altro rendeva contenti i leviti della loro posizione. C'era un senso reale e imperativo del bisogno di custodire le santità della religione, una gelosia per l'onore di Dio, che, originata da Mosè e dal sacerdozio, era sentita in tutta la nazione.

Come abbiamo visto, lo schema della religione di Israele richiedeva questa schiera di servitori del santuario. Sotto il cristianesimo l'ideale della vita di fede e il modo di adorare sono completamente diversi. Una via per entrare nel luogo santo della presenza divina è ora aperta a ogni credente e ognuno può avere l'audacia di entrarvi. Ma anche sotto il cristianesimo c'è un generale fallimento della santità, del culto spirituale di Dio.

E come tra gli ebrei, così tra i cristiani, è stata ampiamente riconosciuta la necessità di un corpo di custodi della sacra verità e della pura religione. In tutta la Chiesa in genere fino alla Riforma, e ancora in paesi come la Russia e la Spagna. possiamo anche dire che in Inghilterra la condizione delle cose è così in Israele. Un popolo cosciente dell'ignoranza e della laicità, sentendo tuttavia il bisogno della religione, sostiene volentieri i "sacerdoti", talvolta un grande esercito, che esercitano il culto di Dio.

Non c'è niente da meravigliarsi qui, in un certo senso; molto, infatti, per cui essere grato. Eppure il sistema non è quello del Nuovo Testamento; e coloro che si sforzano di realizzare l'ideale non devono essere bollati e disprezzati come scismatici. Dovrebbero essere onorati per il loro nobile sforzo di raggiungere e utilizzare la santa consacrazione del cristiano.

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