(9) Per quello che faccio io (10) non permetto: per quello che io (11) vorrei, non lo faccio; ma quello che odio, quello lo faccio.

(9) Si pone davanti a noi come esempio, poiché è stato rigenerato, e nel quale può facilmente manifestarsi la contesa dello Spirito e della carne, e quindi della legge di Dio, e la nostra malvagità. Poiché, poiché la legge in un uomo che non è stato rigenerato produce solo morte, quindi in lui può essere facilmente accusata: ma vedendo che in un uomo che è rigenerato produce buoni frutti, è meglio che le azioni cattive non procedano da la legge ma dal peccato, cioè dalla nostra natura corrotta: e perciò l'apostolo insegna anche qual è il vero uso della legge, rimproverando il peccato nei rigenerati, fino alla fine del capitolo: come poco prima (cioè, dal settimo versetto fino ad oggi) ( Romani 7:7 ), ne dichiarò l'uso in coloro che non sono rigenerati.

(10) Le azioni della mia vita, dice, non sono conformi alla mia volontà, anzi sono contrarie ad essa. Perciò per il consenso della mia volontà con la legge, e ripugnanza con gli atti della mia vita, sembra chiaramente che la legge e un debitamente controllato ci indurranno a fare una cosa, ma la corruzione, che ha anche la sua sede nel rigenerato, un'altra cosa.

(11) È da notare che lo stesso uomo si dice volere e non volere, in diversi aspetti: cioè si dice volere in quanto è rigenerato dalla grazia: e non volere in quanto è non rigenerato, o in quanto si trova nello stesso stato in cui è nato. Ma poiché la parte che si rigenera alla fine diventa conquistatrice, quindi Paolo, parlando a nome dei rigenerati, parla in modo tale come se la corruzione che volontariamente pecca fosse qualcosa fuori dell'uomo: sebbene poi conceda che questo male è in la sua carne, o nelle sue membra.

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