Questa lettera è la lettera di un apostolo a un giovane ministro che ha la supervisione della chiesa di Efeso. La prima parte della lettera riguarda la Chiesa, la sua dottrina, le sue devozioni e il suo ministero. Esistevano difficoltà in quanto "certi uomini" insegnavano dottrine errate. Con ogni probabilità il riferimento era alle eresie gnostiche. L'apostolo mostra il rapporto della "sana dottrina" con la legge che gli gnostici interpretavano male.

Enumerando i mali risultanti da tale falso insegnamento, mostra come siano contraddittori a quella "sana dottrina" che è secondo il "Vangelo della gloria del benedetto Dio". Lascia che Timoteo incarichi questi uomini di non insegnare la "dottrina diversa" che ha risultati così malvagi, perché il Vangelo è una dottrina utile.

La menzione del Vangelo richiama un brano straordinariamente bello che è insieme un canto e una testimonianza. L'apostolo illustra la bellezza del Vangelo dalla propria esperienza. Aveva attraversato fasi, essendo stato prima un bestemmiatore, poi un persecutore e, infine, offensivo. La sua salvezza era venuta attraverso la fede. Su quella personale esperienza ora affermava dogmaticamente l'affidabilità del Vangelo.

Riassume il Vangelo nella semplice affermazione: "Cristo Gesù è venuto nel mondo per salvare i peccatori". Rivolgendosi a Timoteo come capitano dell'esercito di Dio, lo incarica di condurre una buona guerra. Ciò lo farà mantenendo fede e buona coscienza". L'apostolo ha sottolineato l'urgenza dell'accusa con un avvertimento in cui ha citato casi di coloro che avevano fallito.

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