La seconda lettera a Timoteo è stata scritta dal carcere. Paolo, consapevole del male esistente nella Chiesa, predisse i giorni terribili che stavano arrivando. Era anche consapevole della grave responsabilità che gravava su Timoteo. Ha introdotto la sua lettera rivelando il suo affetto per Timoteo e la sua gratitudine per lui.

Il suo primo appello ha a che fare con lo stesso Timoteo. Lo incaricò di "suscitare il dono" che aveva già ricevuto, e di non "vergognarsi... della testimonianza." Le qualità del dono furono descritte come consistenti nella capacità di sorveglianza e di governo nella Chiesa. Ciò non deve essere esercitato con spirito di codardia: accendere una fiamma di un tale dono non faciliterebbe il cammino: un duplice incentivo si è rivelato nella grandezza del Vangelo a lui affidato come deposito, nella sua stessa esperienza e convinzioni.

In questo paragrafo abbiamo cinque affermazioni principali: "Sono stato nominato", "Ho sofferto", "Non mi vergogno", "Lo conosco", "Sono persuaso". Ce n'è ancora un altro, che è sussidiario nel senso di essere risultante: "Ho creduto". Guardando indietro, scrisse: "Sono stato nominato". Pensando al presente, dichiarò: "Ho sofferto", "Non mi vergogno", "Lo conosco". Guardando al futuro, ha detto: "Sono convinto".

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